Recensione Tomb Raider: A Survivor Is Born


Recensione a cura di Alessio “Beyond” Alessandrini

VERSIONE TESTATA: PC

Tomb Raider

La rinascita di un mito

Quando si parla di icone del mondo videoludico, di reboot e di totale svecchiamento delle meccaniche di gioco tanto amate dai fan nel corso degli anni, molteplici preoccupazioni tormentano la mente dei giocatori che si chiedono: “Rimarrà lo spirito della serie?” Nel caso di Lara Croft, la celebre, sexy archeologa che nel lontano 1996 diede vita ad un nuovo modo di creare giochi d’avventura, il lavoro è riuscito in pieno non deludendo gli amanti storici che la videro impegnata ai suoi tempi contro la Natla Technologies e con la ricerca dello Scion, ma anzi acquisendone dei nuovi grazie alla più moderna formula di gioco più accessibile a tutti. Dopo gli ottimi Tomb Raider: Legend e Anniversary e il discreto Underworld, la serie necessitava assolutamente di uno stravolgimento corposo in grado di dare nuova linfa vitale al franchise ed è proprio questo ciò a cui Crystal Dynamics e Square Enix hanno puntato in questo riavvio chiamato semplicemente Tomb Raider. Dopo ben 4 anni di sviluppo abbastanza travagliato andiamo a vedere che aria tira nelle nuove tombe.

GAMEPLAY

Tomb Raider
A Survivor Is Born

La trama di Tomb Raider racconta le origini di Lara Croft coinvolgendoci nella sua prima vera avventura. Appena laureata salpa con la nave Endurance insieme a un equipaggio composto da altri ricercatori e capitanato da Conrad Roth, una specie di tutore per Lara dopo la morte dei suoi genitori. La destinazione è il Triangolo del Drago dove Lara spera di trovare la nota Isola di Yamatai, luogo scomparso e mai più ritrovato dopo la morte della Regina del Sole chiamata Himiko. Dopo un disastroso incidente causato dalle tempeste e il maltempo che spezzano l’Endurance in due parti e che viene raccontato in un intro piuttosto frettoloso, Lara e la sua compagnia naufragano su un isola sconosciuta dove un culto misterioso è in atto da molti anni e starà alla nostra esploratrice scoprirne tutti i segreti e sventare la minaccia che la trattiene in quel luogo tetro, violento e pieno di pericoli. Per la prima volta nella storia di Tomb Raider interagiamo con una Lara del tutto diversa da quella forte e sicura di sé dei precedenti capitoli: qui la vediamo fragile, inesperta, paurosa, sanguinante, ansimante – forse un po’ troppo – e in molte scene “violentata” dall’ambiente ostile che la circonda.

Tomb Raider

La sopravvivenza è il tema centrale di tutta la produzione e la sensazione che ci accompagna per maggior parte dell’avventura, in cui Lara sarà sola contro il mondo e le insidie che lo popolano. Tutto ciò rappresenta un avventura in chiave visionaria che cerca di spiegare il cambiamento dall’adolescenza all’età adulta, dal mondo spensierato giovanile a quello adulto duro e pericoloso dove per farti un nome e farti valere devi lottare in solitudine, resistere e mai mollare se vuoi davvero raggiungere un obiettivo. Tomb Raider è un viaggio di formazione dove la protagonista è in cerca di sé stessa e del suo io interiore, un racconto d’avventura maturo e non scialbo dove è la caratterizzazione della protagonista a prevalere su tutto il resto e dove Lara Croft rappresenta ciascuno di noi: una persona normale. E’ incredibile come sia stato lavorato bene il personaggio che parte da debole, ma che si rafforza e acquista sicurezza in sé stesso con il passare del tempo in modo graduale dopo le tante esperienze affrontate. La narrativa è solida e convincente anche se mette leggermente in background i comprimari che si incontrano raramente – come è giusto che sia sennò la sensazione di sopravvivenza e solitudine sarebbero assenti – o vengono caratterizzati tramite documenti sparsi nell’isola e video che Lara mostrerà utilizzando una videocamera nelle cutscene. Tutto ciò non rappresenta assolutamente un difetto perchè unendo le varie cose si ottiene una storia ottima, di spessore e tra le migliori viste in un adventure, anche se rimane non molto originale e dalla struttura che presenta alti e bassi.

Tomb Raider

A Long Journey, A Continuos Evolution

Il nuovo Tomb Raider abbandona completamente la struttura a tombe che aveva caratterizzato e reso famosa la serie fino ad oggi lasciando spazio ad una vasta isola divisa in zone, collegate tra loro in totale streaming – senza caricamenti – di solito attraverso scene spettacolari e cinematografiche, tunnel oscuri, cadute da cascate o dirupi e così via. Ogni zona è costituita da diversi accampamenti, grandi e piccoli, che fungono da checkpoint e da hub dove potremo acquistare sia abilità per Lara dopo aver riempito la barra dei punti esperienza e sbloccato punti abilità, sia potenziamenti per le armi spendendo materiali che troveremo sottoforma di casse sparse negli ambienti. Oltre questo, quelli più grandi rappresentano anche punti dai quali effettuare viaggi veloci tra i diversi accampamenti sbloccati fino a quel momento e permettono di tornare indietro per esplorare più a fondo gli ambienti scoprendone tutte le reliquie nascoste, i documenti che approfondiscono la trama di gioco e la caratterizzazione dei personaggi e i tesori GPS che, raccolti tutti, ci riveleranno un documento altrimenti introvabile e importante.

tomb_raider

Inizialmente potrebbe risultare difficile trovare tutti questi oggetti visto che la mappa di gioco ci fornisce poche informazioni e spinge la componente adventure a livelli molto elevati, a parte per i tesori GPS che sono da subito rintracciabili, ma con l’evoluzione delle capacità di Lara e con il ritrovamento di determinate mappe del tesoro saremo in grado di trovare qualsiasi cosa. L’apice dell’esplorazione è costituito dalle sfide che sono rappresentate da un determinato numero di oggetti che dovremo trovare, colpire, incendiare o buttare giù e non ci verranno mai indicate sulla mappa, lasciando a noi il divertimento dell’esplorazione. Grande ritorno che farà sicuramente piacere agli amanti della serie sono le tombe, qui opzionali, molto piccole e caratterizzate da enigmi che fanno utilizzo degli elementi naturali e della fisica in particolare, mai molto complessi ma sempre piacevoli, originali e piuttosto innovativi. Alla fine di ognuna di esse ci sarà un forziere contenente ricompense come ad esempio nuovi componenti per modificare le nostre armi e riceveremo un gran numero di punti esperienza. Aggiunta che abbiamo trovato piuttosto utile è quella dell’istinto di sopravvivenza che viene attivato manualmente per evidenziare elementi importanti nello scenario come pareti scalabili o collezionabili.

Tomb Raider

La cosa che più ci ha colpito in questo reboot è il numero di possibilità di gameplay in continua crescita e direttamente proporzionale alla “maturità” e alla sicurezza di Lara. Inizialmente partiremo muniti di solo arco e frecce, arma principale del gioco nonché la più versatile e divertente da usare, e pian piano il nostro equipaggiamento si ingrandirà con l’acquisizione di svariate bocche da fuoco come fucile a pompa, fucile d’assalto e pistola o strumenti tipo il piccone, utile per scalare rocce ben difinite, una corda per le frecce che ci permette di raggiungere luoghi fuori portata, una specie di carrucola in grado di farci risalire corde tese più velocemente e via dicendo. Tutto questo equipaggiamento è a sua volta upgradabile tramite i potenziamenti divisi in tre gradi che vengono sbloccati con l’avanzamento della storia trovando nuovi componenti da aggiungere all’arsenale. Essi applicano modifiche ai danni inflitti, alla cadenza di fuoco, alla velocità di ricarica o ad esempio al tempo di tensione dell’arco e l’aggiunta di frecce incendiarie o granate. La scheda delle Abilità di Lara invece è divisa in ben tre sezioni un po’ in stile Far Cry 3: Sopravvivenza, Caccia e Combattimento, dove possiamo migliore tali aspetti come l’esplorazione o le nostre possibilità nelle fasi shooter.

Tomb Raider

Altro pregio del gioco và proprio al diverso valore che ogni arma assume nelle diverse situazioni. Il fucile a pompa ci è molto utile negli attacchi ravvicinati e per distruggere accessi in legno sbarrati per accedere ad aree secondarie e nascoste, come anche le granate per eliminare ostacoli più solidi o quando abbiamo un gran numero di nemici in combattimento, l’arco per attacchi dalla distanza o per dar fuoco a superfici di legno e bruciare i nemici, il piccone per gli attacchi corpo a corpo. Tomb Raider ci dà anche possibilità di approccio in diverse situazioni e potremo affrontare i nemici in modalità stealth o assaltandoli direttamente. Lara sfrutta delle coperture automatiche ogni volta che ci sono nemici nelle vicinanze e si accuccia sempre in modo automatico senza la pressione di alcun tasto e la cosa funziona sempre molto bene. Se vogliamo agire silenziosamente potremo portarci fino alle spalle di un nemico e strangolarlo con il nostro arco tramite un breve quicktime event o seguire i vari pattern dei nemici aspettando che siano distanti l’uno dall’altro per attaccarli con le frecce furtive o distrarne uno puntando ad una parete vicina e sferrando una freccia, così da poterci occupare prima del compagno rimasto fermo poi infine di lui senza allertare nessuno.

Tomb Raider

Lo shooting ricorda molto da vicino quello di Uncharted, titolo al quale senza ombra di dubbio Crystal Dynamics si è maggiormente ispirata ma, nonostante le somiglianze che costituiscono anche le fasi platform più fluide e dinamiche con tanto di qualche scena scriptata non molto abusata – ma a differenza di Uncharted lascia discreto spazio al trial & error dei vecchi capitoli -, il titolo del team inglese mantiene molta personalità e si differenzia per una maggiore varietà di situazioni e profondità di gameplay che non si può neanche lontanamente paragonare al titolo Naughty Dog. Le negatività del titolo risiedono soprattutto in due cose: l’intelligenza artificiale dei nemici e negli elementi survival solo abbozzati. Purtroppo gli sviluppatori avevano promesso un titolo dove la sensazione di sopravvivenza si sarebbe toccata con mano e ci sarebbe stato realismo solo che la raccolta del cibo e la caccia sono rimasti elementi davvero poco sviluppati e superflui in quanto il loro utilizzo è ridotto alla sola acquisizione di punti esperienza e sblocco di achivement, mentre il concept di dover bere è stato del tutto abbandonato. Se in più è stata aggiunta la salute rigenerabile che ci facilita ancor di più l’esperienza di gioco non possiamo che affermare il mancato obiettivo. Questo è davvero un peccato perchè con queste piccole ma grandi aggiunte originali si poteva raggiungere il gioco adventure per eccellenza e il titolo avrebbe meritato sotto qualsiasi aspetto.

Tomb Raider

Passando al discorso dell’IA ci sono delle particolarità davvero apprezzabili in un adventure ossia i nemici che in combattimento si muovono sempre moltissimo, scalano pareti, si nascondono avvertendo il pericolo, ci assaltano mettendoci in difficoltà, ci lanciano dinamite e fuoco, ma tutto ciò si va a confrontare con delle deficienze purtroppo molto chiare ossia la poca reattività dei nemici quando ci vedono e il rimanere sempre piuttosto scoperti in fase di copertura o il tentare l’assalto a volte in modi piuttosto banali e poco credibili. Noi abbiamo giocato a Tomb Raider a difficoltà normale finendolo al 100% in ben 21 ore e poi riprovandolo a difficile e il cambiamento dopo questo passaggio è riferito ai danni inflitti, alla violenza negli attacchi e alla loro resistenza fisica. Dobbiamo ammettere che a questa modalità abbiamo dovuto tentare la fuga poi riprovare l’attacco in piu di qualche situazione e sfruttato il level design in modo più studiato e riflessivo, quindi suggeriamo di iniziare direttamente con tale difficoltà per avere un livello di sfida molto superiore. 

Tomb Raider

L’alternanza di situazioni in Tomb Raider è ammirevole e riesce a mischiare gli elementi descritti finora perfettamente, regalando un esperienza di gioco sempre incalzante e sorprendente non annoiando mai il giocatore, anche grazie al level design delle mappe piuttosto ampio e complesso alternato a zone più lineari e cinematografiche. A rendere ancora più cinematografico e immersivo il gioco ci sono anche scene spettacolari, come in Uncharted, durante le quali potremo controllare le azioni di Lara tramite l’ultizzo dei quicktime events, che risulta persino originale e molto azzeccato, visto che a scene classiche con la ripetizione in sequenza di determinati tasti – la maggior parte in contesto con le azioni su schermo – si aggiungono scene in cui Lara può addirittura allungare le mano per raggiungere un oggetto entro un determinato tempo e coinvolgerci di più rendendoci più partecipi nell’azione anche in quelle piccole scene.

Superstiti VS Solarii

Per la prima volta in un titolo della serie viene introdotta una modalità multigiocatore. Il multiplayer di Tomb Raider, sviluppato da Eidos Montreal, è piuttosto classico ma con diverse particolarità. Inizialamente potremo scegliere sia un personaggio tra la lista dei Superstiti che in quella dei Solarii (non vi diciamo chi sono perchè riguarda la trama di gioco) e personalizzare i loro equipaggiamenti che costituiscono un arma primaria, secondaria, esplosivi, abilità difensive e offensive. Man mano che saliremo di livello – quello massimo è 60 – acquisiremo sempre più armi, personaggi sbloccabili (al livello 60 sbloccheremo anche Lara) e abilità. Durante le nostre partite, inoltre, troveremo le solite casse di materiali presenti nelle mappe – al momento poche e tutte di grandezza medio-bassa – con i quali possiamo acquistare dei potenziamenti per le armi, sia per i proiettili, per incrementare il danno inflitto o la stabilità dell’arma, che per gli accessori, che comprendono ad esempio uno zoom migliorato o un tempo di ricarica migliore. Di questi potenziamenti potremo selezionarne solo uno per genere e lo stesso vale per le abilità difensive e offensive. Le modalità di gioco sono soltanto quattro: SOS, Guerra tra bande, Soccorso e Scontro Totale.

Tomb Raider

Mentre guerra tra bande e scontro finale sono due modalità piuttosto classiche, visto che rappresentano in poche parole deathmatch a squadre, dove la fazione con il maggior punteggio vince e la seconda è un deathmatch tutti contro tutti, in cui il primo ad arrivare a 15 uccisioni si aggiudica la partita, Soccorso e SOS possono essere ritenute come due modalità piuttosto atipiche e più originali. Soccorso consiste in tre round dove i Superstiti devono recuperare dei medikit sparsi per lo scenario e portarli in delle zone ben determinate sfuggendo agli attacchi da mischia dei Solarii, mentre nelle partite SOS i Superstiti devono attivare tre trasmettitori che si attiveranno a tempo e dovranno stare attenti alle imboscate dei Solarii che hanno il compito di uccidere gli avversari prima che attivino i trasmettitori , difendere bene quelle zone e recuperare ben 20 batterie dai cadaveri dei Superstiti per potersi aggiudicare il round. Quest’ultime due ci sono sembrate davvero delle interessanti aggiunte molto divertenti e che valgono almeno l’accesso al multiplayer di Tomb Raider, che comunque non pensiamo potrà decollare. I server sono molto stabili e c’è una latenza molto bassa. Ottimizzazione molto accurata.

Tomb Raider

Un isola ostile ma incantevole

Tecnicamente il prodotto Crystal Dynamics si presenta allo stato dell’arte. Le ambientazioni e il lavoro artistico è affascinante e vario: si passa da foreste di un verde rigoglioso e dalla forte illuminazione a caverne oscure e tetre, da spiaggie piene di relitti e lussureggianti a montagne fredde e innevate passando per templi antichi e pieni di mistero. I modelli poligonali sono estremamente realistici e curati sia esteticamente che nelle animazioni facciali che riescono ad esprimere emozioni, anche se dobbiamo ammettere che sotto questo punto di vista si poteva certamente fare un po’ di più. Una bellissima cosa da vedere è la “fisicità” che si avverte controllando Lara che nei pressi di muri o altri elementi solidi muove realisticamente le braccia per appoggiarsi e strisciare le mani sempre rispettando il contesto in cui si trova. Sulla versione PC da noi testata l’ottimizzazione effettuata è una delle migliori degli ultimi anni. Il gioco supporta le Directx 11 e quindi tecnologie come tessellation e occlusione ambientale, ma per la prima volta troviamo anche una nuova tecnologia sviluppata da AMD: il TressFX, che ha creato vari pareri contrastanti. Il TressFX permette di dare una realisticità a ogni singola ciocca di capelli di Lara sia per quanto concerne la fisica che i movimenti. Essa dobbiamo ammettere che svolge un ottimo lavoro e mai in un videogioco si erano visti capelli tanto simili alla realtà. Tale tecnologia gli dona anche brillantezza come se fossero piastrati, ma ci sono anche delle negatività che solo studi più approfonditi nel corso del tempo potranno correggere.

Tomb Raider

Infatti non sempre i capelli di Lara si muovono nella direzione del vento o risentono della fisica dell’equipaggiamento che porta sulle spalle: spesso si creano compenetrazioni poligonali o legnosità nei movimenti, ma siamo soltanto all’inizio e possiamo ben capirlo. Le texture si presentano sempre in ottimo stato, dettagliate e definite, ma qualche piccolo calo lo abbiamo riscontrato negli ambienti chiusi – di solito più facili da progettare – dove sembrano perdere leggermente di qualità. Passando ai difetti sia su console che PC si sono riscontrati diversi bug, come la cancellazione del paesaggio circostante o un blocco durante una missione che oltretutto si risolve tramite un secondo bug (solo su console). La colonna sonora meravigliosa e drammatica accresce l’atmosfera di gioco e ci immerge nelle situazioni, così come gli effetti sonori e gli ottimi doppiaggi. Abbiamo trovato un doppiaggio italiano di Lara, eseguito da Benedetta Ponticelli (Assassins Creed 2, Crash Bandicoot), di ottima qualità ma purtroppo di gran lunga meno espressivo di quello originale inglese, realizzato da Camilla Luddington che interpreta Lara Croft anche fisicamente tramite motion capture. L’accento inglese, l’eccellente recitazione, la sua bellezza e la sublime immedesimazione nel personaggio le fanno guadagnare, almeno dal nostro punto di vista, il premio per una delle migliori interpretazioni viste in un videogame.

Camilla Luddington

A New Beginning

Tomb Raider rappresenta un vero e proprio inizio verso un futuro che crediamo potrebbe essere roseo, gratificante e soddisfacente. Il prodotto racconta una Lara inedita e diversa da come la conoscevamo, ma che abbiamo estremamente amato grazie alle forti emozioni che ci ha trasmesso. Senza ombra di dubbio questo reboot entra tra le più belle avventure mai raccontate in un videogioco che, nonostante la sua natura adventure, riesce a raccontare una storia matura e dai molteplici messaggi. Il gameplay rappresenta un evoluzione sia dei vecchi Tomb Raider che di Uncharted, dimostrando che una struttura di gioco che mescola zone di ampio respiro ad altre più lineari e guidate sono in grado di sostenere una narrazione dal ritmo incalzante e coinvolgente, ma magari ancora con qualche piccolo intoppo che qui potrebbe rappresentare i comprimari che non raggiungono il grado di caratterizzazione di Lara. Nonostante ciò possiamo affermare con tutta la nostra felicità che Lara è finalmente tornata…con tanti stravolgimenti si…ma è ancora qui con noi piena di carisma e di forza di volontà per raggiungere il suo obiettivo: scoprire, anzi, riscoprire sé stessa.

Pro

  • Trama intrigante e matura
  • Caratterizzazione di Lara
  • Level design complesso e articolato
  • Grafica e sonoro di incredibile fattura
  • Gameplay solido, profondo e divertente
  • Tante scene spettacolari e situazioni diverse
  • Molto longevo

Contro

  • IA con alti e bassi a Difficoltà Normale
  • Comprimari poco incisivi
  • Elementi Survival appena accennati e superflui
  • Semplicità e linearità di fondo
  • Qualche bug da risolvere

QUALITA’/PREZZO: 9.5

TRAMA/NARRATIVA: 8.9

GRAFICA: 9.2

AUDIO: 9.5

GAMEPLAY: 8.8

LONGEVITA’: 9

ORIGINALITA’: 8.5

GIUDIZIO FINALE: 8.9/10

Recensione Aliens: Colonial Marines


Recensione a cura di  Alessio “Beyond” Alessandrini

VIDEO – REVIEW

VERSIONE TESTATA: PC

Aliens Colonial Marines

Dopo una lunga attesa Aliens: Colonial Marines approda nei negozi

Sono ben sette gli anni da noi attesi per veder ricomparire nel mondo videoludico una delle serie cinematografiche che più ci è rimasta dentro nel corso degli anni, Aliens: l’inizio del genere horror fantascientifico. Soprattutto i primi due film, Alien diretto da Ridley Scott e Aliens: Scontro Finale passato in mano al cotanto talentuoso James Cameron, rimangono nei nostri cuori e nella storia del cinema e proprio dal finale del secondo film è che riprendono le vicende di questo nuovo (nuovo??) videogame chiamato Aliens: Colonial Marines, sviluppato dai Gearbox Software (Brothers In Arms, Halo: Combat Evolved, Borderlands) e SEGA. Dopo cancellazioni, ritardi e tante difficoltà il prodotto è finalmente arrivato nei negozi. L’attesa sarà stata ripagata o ci troviamo davanti all’ennesimo fallimento di Gearbox? Tuffiamoci nel suo universo e andando a caccia di xenomorfi scopriamolo insieme.

Aliens Colonial Marines

Siamo Marines e non lasciamo indietro un altro Marine”…si ok…ma WTF!!

Come dicevamo precedentemente Aliens: Colonial Marines si pone tra il secondo e il terzo film della saga e ci vede vestire i panni del caporale Christopher Winter che, arrivato con l’astronave USS Sephora in aiuto della Sulaco (nave dove si trovavano gli androidi Hicks e Bishop, Ripley e la bambina Newt), si ritroverà coinvolto, insieme al suo team, nella minaccia Xeno e nei segreti della Wayland Yutani sul pianeta LV-426. La sceneggiatura scritta con l’aiuto dei due registi, Scott e Cameron, appassiona i fan della pellicola, grazie alla trasposizione molto fedele delle ambientazioni e all’atmosfera tipica dei film di Aliens che si viene a creare. Purtroppo però rimangono dei difetti e delle perplessità dovute a diverse incongruenze narrative e ai dialoghi tra i marines che spesso portano a noia per la ripetitività di molte frasi. Ci ritroveremo, però, in situazioni molto simili a quanto visto nei film e con un finale aperto, ma che si ricollega perfettamente con Aliens 3.

Aliens Colonial Marines

Mmm…ma siamo ancora nel 1986? Siamo tornati indietro negli anni?

Il gameplay di Aliens: Colonial Marines è il problema più grande che affligge il titolo. Ci troviamo davanti a un classico (che più classico non si può) shooter in prima persona costruito su una struttura estremamente lineare e guidata, dove si alternano sparatorie con il personale della Wayland Yutani, quelle con gli xenomorfi, una minima esplorazione degli ambienti alla ricerca di munizioni, armature, medikit, computer dove ascoltare registrazioni per approfondire la trama di gioco e armi leggendarie provenienti dai film e qualche sezione con un leggero richiamo ai giochi stealth/survival, in cui si respira una tensione superiore rispetto al resto del gioco. Il grosso problema riguarda il bilanciamento di tali situazioni davvero pessimo, infatti ci ritroveremo per gran parte della storia di fronte a sparatorie continue e noiose, a causa anche di un intelligenza artificiale nemica non particolarmente sviluppata e strategica. Vedremo xenomorfi uscire all’improvviso dall’oscurità attaccandoci sempre con gli stessi identici pattern d’attacco, che a un certo punto diventeranno talmente prevedibili e imbarazzanti da non richiedere neanche più una gran concentrazione, trattandosi di banali, violenti salti verso il protagonista e niente di più.

Aliens Colonial Marines

Quando ci salteranno addosso partiranno dei quicktime events a prova di imbecille, dove ci sarà chiesto di premere ripetutamente sempre il solito tasto. La stessa cosa vale per gli esseri umani, che sono molto precisi nella mira ma non creano strategie d’attacco complesse per aggirarci o altro. Gli sviluppatori furbamente, avendo notato questi grossi difetti di IA a prodotto terminato, hanno allora apportato delle modifiche al danno inferto da ciascun colpo che subiamo, così da farci stare cauti e attenti nei combattimenti. In Aliens: Colonial Marines il sistema della salute funziona a blocchi: ce ne sono ben tre che rappresentano la salute e ogni volta che uno di questi sarà vuoto sarà necessario acquisire un medikit per riempirlo nuovamente, mentre se si svuota solo in parte ci penserà la rigenerazione della salute abbastanza rapida. Per difenderci in miglior modo c’è anche una barra per l’armatura, che ritarderà la sottrazione dei preziosi punti salute. Il gioco ci metterà a disposizione soltanto un piccolissimo equipaggiamento offensivo. Troveremo una mitragliatrice, un fucile a pompa, una pistola con colpi infiniti e le granate (davvero imprecise nel lancio) come predefiniti , ma verso la fine anche un inceneritore e un lanciarazzi (quest’ultimo utile soltanto per una determinata missione).

Aliens Colonial Marines

Parte di queste armi potranno essere potenziate con mirini più precisi, estensioni per i caricatori e cosi via ogni volta che saliremo di grado accumulando punti esperienza, ma non si è rivelata un aggiunta utile ai fini del gameplay vista l’estrema semplicità. Altro problema è proprio il valore che assume ciascuna arma perchè potremo andare avanti fino alla fine utilizzando anche soltanto la pistola, per fare un esempio, e uccidere qualsiasi nemico ci troveremo dinanzi, quindi l’importanza in svariate situazioni di ciascuna di esse è inesistente ed è proprio questo a rendere il gameplay banale, privo di sostanza e dalle meccaniche di uno sparatutto primitivo. Immancabile nei giochi di Aliens è poi il rilevatore di rumore che ci permetterà di avvertire nemici nelle vicinanze e capire la strada da prendere anche se in verità di pochissima utilità visto che ci troviamo in un gioco costruito su binari. C’è, infine, la possibilità di spostare determinate mitragliatrici automatiche in alcuni scenari più caotici per darci una mano nello sterminio. Come tipologia di missioni ci troviamo di fronte a un titolo a parti interessante, ma in altre estremamente ripetitivo e poco vario. La parte più originale è rimasta l’unica missione caratterizzata da tratti survival e stealth dove dovremo attraversare dei condotti oscuri popolati da xenomorfi cercando di non far rumore per non far individuare la nostra posizione.

Aliens Colonial MArines

Purtroppo però anche lì l’intelligenza artificiale è disastrosa e deficitaria visto che facendo rumore non ci attaccano ma esplorano l’ambiente seguendo il nostro rumore ma ci passano accanto senza accorgersi di nulla o rimanendo impalati a guardarci. Parlando di combattimenti l’unica varietà ci è data da alcuni “boss” che però non si uccidono in modi particolari (a parte quello finale..sempre fin troppo semplice) ma semplicemente bisognerà spostarsi al momento giusto, correre poi sparare alle spalle e cosi via. Altra varietà e senso di pericolo e sopravvivenza è dato dai momenti in cui ci saranno alle costole Xeno imbattibili dove dovremo scappare in tempo senza farci prendere.

Escono dalle fottute pareti! Oooh meglio se rimanevano nascosti! Orroreee!!

Appena abbiamo avviato Aliens: Colonial Marines la nostra reazione è stata: “What the Hell?!!” Si è questa la reazione avuta dopo aver capito che la storia di Duke Nukem Forever si stava ripetendo di nuovo. Dopo sette lunghi anni il prodotto è invecchiato e anche male. Ci troviamo davanti l’ennesima produzione costruita sull’ Unreal Engine 3, ma questa volta con delle texture bizzare e piatte che cadono nel ridicolo per un gioco datato 2013, dell’effettistica del tutto assente, animazioni che definire legnose è troppo riduttivo, effetti particellari che si possono collocare all’inizio del nuovo millennio e una fisica povera e quasi del tutto assente.

Aliens Colonial MArines

A tutto ciò va aggiunto un ragdoll pessimo sui nemici che spesso sembra non risentano dei colpi inflitti sul loro corpo, dando così una realisticità pessima ai combattimenti con gli umani. A salvarsi è il gioco di luci ed ombre, che spesso crea atmosfere non incredibili ma gradevoli allo sguardo e in grado di trasferire ansia al giocatore, e il lavoro artistico che in rari casi è degno di nota. Anche i character design degli alieni sono molto ben ricreati e fedeli alla saga e incutono la solita paura al solo sguardo, però la stessa cosa non si può dire dei versi assegnati agli Xeno che non riescono a spaventare essendo davvero infantili e di debole impatto sulle sensazioni di chi gioca. Diverso il discorso se ci si riferisce al doppiaggio italiano dei personaggi sempre di alto livello e ben recitato in qualsiasi situazione ci si trovi. Da bocciare la colonna sonora presa dal film nettamente in disaccordo con le azioni su schermo e gli effetti sonori delle armi, decisamente vecchi rispetto a ciò a cui ci hanno abituato gli sparatutto moderni più celebri. Da segnalere alcuni glitch sui pattern di movimento degli xenomorfi in alcune situazioni dove rimangono come bloccati da un muro invisibile con l’impossibilità di raggiungerti e un altro sugli alleati che verso la fine del gioco impugneranno una mitragliatrice per spararti.

Aliens Colonial MArines

Il capolavoro sulla serie Aliens deve ancora arrivare

Aliens: Colonial Marines è la dimostrazione che uno sviluppo travagliato e che si prolunga negli anni porta sempre a risultati mediocri, dove il gameplay risulta ormai vecchio e datato come anche il livello tecnico. I Gearbox si stanno perdendo per strada e con questo titolo sono nuovamente caduti in basso, come qualche anno fa con lo storico Duke Nukem Forever, quindi non possiamo che sconsigliare questo ennesimo lavoro poco riuscito sulla tanto amata saga cinematografica. Consigliamo di acquistarlo ad un massimo di 5 o 10 euro tra qualche mese, perchè se lo acquisterete ora a prezzo pieno ve ne pentirete senza ombra di dubbio. Un gioco degno degli xenomorfi deve ancora arrivare…ma quando? Intanto torniamo a giocare ad Aliens Vs Predator 2 del 2001, ultimo vero capolavoro dedicato alla serie.

Pro Aliens Colonail Marines  

contro aliens Colonial Marines

QUALITA’/PREZZO: 4

TRAMA/NARRATIVA: 7

GRAFICA: 5

GAMEPLAY: 5

AUDIO: 6

LONGEVITA’: 6

ORIGINALITA’: 4.8

CARISMA: 4.8

GIUDIZIO FINALE: 5.5/10

Recensione DMC: Devil May Cry


Recensione a cura di Alessio “Beyond” Alessandrini

VIDEO-REVIEW

I Demoni tornano tra di noi..o non se ne erano mai andati?

DMC

Un brivido ha percorso la pelle di quei fan che hanno tanto amato i vecchi capitoli della serie nipponica Devil May Cry, quando mamma Capcom ha deciso di affidare lo sviluppo a un giovane ma talentuoso team inglese, i Ninja Theory (Enslaved, Heavenly Sword), per la paura di un allontanamento troppo evidente dai classici canoni della serie, occidentalizzando e trasformando in maniera estrema il prodotto. L’intenzione di Capcom era proprio quella di stravolgere la serie, che ormai cominciava ad invecchiare e ad essere poco innovativa tra un capitolo e l’altro, sia sotto l’aspetto della giocabilità che delle ambientazioni, dando vita ad un qualcosa di fresco, nuovo e moderno, ed è proprio così che si presenta il reboot della serie, ossia DMC: Devil May Cry.

DMC

Un mondo corrotto

La trama è un vero e proprio punto di ripartenza e trova come protagonista il solito Dante, qui adolescente, scapestrato, assiduo frequentatore di night club, donnaiolo e con un oscuro passato alle spalle, che gli verrà svelato da un misterioso ribelle a capo di un’organizzazione terroristica, intenta ad ottenere la libertà da quelle persone che il mondo lo controllano e ci fanno sentire schiavi del sistema, e dalla sua assistente sensitiva Kat. DMC: Devil May Cry ci tuffa in un mondo molto simile al nostro, ma interpretato in chiave visionaria, abbandonando le atmosfere gotiche del passato. Prima di tutto va menzionato il fatto che non sappiamo dove ci troviamo, il nome del posto dove si svolgono le vicende non viene mai nominato e questo perchè Ninja Theory ha voluto farci capire che ovunque andiamo la situazione è la stessa. La corruzione, il potere dei ricchi imprenditori o dei politici sull’intera società, gli inganni, la manipolazione e l’influenza dei media…dietro tutto ciò ci sono dei demoni che agiscono nell’oscurità e che sono sempre tra noi in una dimensione parallela e che coincide con la nostra, una dimensione che ci mostra la verità delle cose, una realtà distorta, un sottile strato invisibile all’occhio umano chiamato Limbo.

DMC

La sceneggiatura non è di certo innovativa e originale, ma coinvolge e risulta godibile dall’inizio alla fine, grazie al carisma dei personaggi e al tema affrontato, ma purtroppo mancano momenti molto emozionanti, importanti colpi di scena e delle forti morali a chiudere in bellezza il prodotto. I dialoghi sono scritti in maniera abbastanza adolescenziale – in contesto con la giovane età di Dante – e a volte cadono nel ridicolo, soprattutto durante alcuni scontri con i boss, dove si và avanti a treni di bestemmie piuttosto banali.

Dante è adolescente ma il suo stile è maturo

Questo reboot porta con sé parecchie innovazioni dal punto di vista del sistema di combattimento. Dante ora può portare con sé fino a otto armi: Rebellion, una spada dall’attacco e velocità bilanciati, e Ebony e Ivory, le due pistole a fuoco rapido dai poteri demoniaci, saranno in nostro possesso dall’inizio del gioco, mentre tutto il resto dell’arsenale, che comprende Arbiter, un ascia demoniaca devastante per gli attacchi verso un unico nemico, Osiris, una falce angelica dai danni leggeri e utile per gli attacchi di mischia, Eryx, dei guantoni legati dall’elemento del fuoco molto forti ma dal raggio d’azione ridotto, Aquila, un arma in grado di lanciare diverse lame contro un gran numero di nemici e bloccarli per un determinato tempo, Ravenant, un fucile a canne mozze molto lento da ricaricare ma estremamente efficace e Kablooey, una pistola in grado di lanciare dardi e di farli esplodere manualmente, verrà acquisito con la progressione della storia.

DMC

Tutte queste possibilità di combattimento riescono a dare una notevole profondità al gameplay, che è risultato divertente, strategico, riflessivo, estremamente diversificato e vario per tutta la durata del titolo. La combinazione di tutti questi elementi descritti è fondamentale per abbattere le molteplici tipologie di nemici presenti durante la nostra avventura, perchè tutto è stato studiato alla perfezione dai game designer per sfruttare al massimo tutte le abilità in possesso di Dante. Ci ritroveremo immischiati, infatti, in grandi scontri dove si alterneranno nemici più esili ad alcuni più possenti, quelli difesi da scudi ad altri volanti che ci attaccheranno a distanza, e questo ci porta a riflettere sulla strategia migliore da utilizzare per sconfiggerli visto che ognuno ha caratteristiche ben diverse e distinguibili dagli altri e quindi dovremmo usare strategicamente armi e combo differenti.

DMC

Ma le abilità di Dante non si fermano qui. Tra le aggiunte, visto che il nuovo Dante è un Nephilim (metà demone e metà angelo), troviamo anche una spinta a mezz’aria utile per schivare attacchi quando combatteremo in volo e per attraversare grandi burroni (a volte poco precisa), le elevazioni angeliche e demoniache che fungono da veri e propri rampini: la prima per raggiungere un determinato nemico o punto dello scenario e la seconda per attirare nemici verso di noi, eliminare le difese come gli scudi o estrarre parti dello scenario, evidenziate da una sfera rossa, per utilizzarle come piattaforma. Tutto ciò rappresenta la componente platform di DMC: Devil May Cry. Possiamo infatti dire, che il prodotto è costituito da un’alternanza tra fasi di esplorazione, che comprendono la ricerca di stanze segrete dove ci sono prove extra a tempo molto varie tra loro (ce ne sono ben 21) e il ritrovamento di chiavi speciali per aprirle, combattimenti e platform davvero perfetta e che regala al titolo un ritmo mai stancante e ripetitivo, ma invece sempre vario e intervallato da tanta varietà. Purtroppo, però, si sente la mancanza degli enigmi, che invece erano presenti nei precedenti titoli della serie, che avrebbero donato qualche ora in più per il completamento della campagna piuttosto breve, rendendola meno lineare e più complessa. Dante, inoltre, avrà a disposizione anche una schivata sottoforma di capriola molto utile negli scontri affollati; ma il problema è che il team ha riservato ben due tasti, L1 e R1, per due schivate identiche, mentre uno dei due poteva essere utilizzato per il sistema di puntamento o lock on, che negli scontri caotici se ne sente spesso altamente la mancanza, visto che può capitare di sparare, colpire o afferrare nemici che al momento non ci interessa eliminare.

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Non mancano ovviamente i boss, che sono caratterizzati da più barre di energia da svuotare. Tali scontri sono anch’essi strategici e si basano sullo studio dei pattern d’attacco dell’avversario, mai molto complessi e articolati, anzi, rispetto ai normali scontri, ci sono persino risultati più semplici da affrontare, ma vanno lodati per la varietà (ce n’è uno contro un demone che alberga nel corpo di un giornalista altamente spettacolare per utilizzo originale delle telecamere e delle scelte artistiche). Ultimo grande ritorno tra le abilità di Dante è quella del Devil Trigger e durante l’attivazione di quest’ultimo lo schermo diventa totalmente bianco evidenziando i nemici in rosso, che vengono scaraventati in aria e Dante avrà un tempo limitato (dipende dalla barra del devil trigger che presenta un limite per l’attivazione) per colpirli indisturbato, avendo anche una potenza di danno maggiore.

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Potenziamenti, negozi, extra e rigiocabilità

In DmC: Devil May Cry ritornano anche le varie statue che fungono da negozi, dove è possibile acquistare potenziamenti sia per le nostre armi che per le abilità peculiari del protagonista e diversi oggetti, come globi d’oro per far resuscitare Dante dopo la morte in uno scontro senza farlo ripartire dal checkpoint, globi verdi di taglia piccola e grande per ripristinare parte della salute e oggetti per aumentare la quantità di devil trigger nei momenti difficili. Gli acquisti di oggetti possono essere fatti spendendo quantità di globi rossi accumulati durante l’avventura, mentre i potenziamenti si acquistano tramite i punti potenziamento, che si accumulano con i punti esperienza guadagnati eseguendo manovre e combo sempre più sorprendenti e spettacolari: più sono elaborate più punti guadagneremo. I negozi sono disponibili sia durante le missioni che a fine livello, dove si tireranno le somme per il punteggio accumulato e il grado di bravura ottenuto: le morti, i globi oro e verdi utilizzati diminuiranno il punteggio finale, dal quale dipende anche il numero di punti potenziamento che otterremo. I livelli di difficoltà sono moltissimi e sono essi a regalare una rigiocabilità del prodotto a dir poco infinita, visto che se giocato solo una volta DMC non durerà oltre le 9 ore complessive.

DMC

Noi abbiamo provato le modalità Cacciatore di Demoni e Nefilim, riscontrando una difficoltà nettamente aumentata nel passaggio da una difficoltà all’altra, durante il quale troveremo nemici in quantità maggiore e molto più violenti che ci costringeranno, già dalle fase iniziali, a scontri molto strategici e attenti. Ninja Theory ha voluto creare un gioco adatto a tutte le fascie di giocatori e ne ha riservata una anche per gli hardcore gamer più esigenti, che potranno trovare pane per i loro denti nella modalità Inferno e Inferno, dove un solo colpo subito sarà fatale e dovrete reiniziare tutta la missione in corso da capo. Finito il gioco, verranno anche sbloccate delle skin speciali come il cambio di capelli per Dante e aspetti estetici diversi per le sue armi.

DMC

Unreal Engine 3, ma sorprende

Tecnicamente il lavoro Ninja Theory si assesta su livelli veramente gradevoli. Pur sfruttando una versione potenziata e personalizzata dell’Unreal Engine 3, il team è riuscito a tirar fuori un prodotto ben dettagliato in quanto a texture, ma soprattutto coloratissimo e affascinante. Oltre ai dettagliatissimi modelli poligonali animati alla perfezione, stavolta ci troviamo di fronte anche a un livello artistico d’eccezione con cromatismi sempre bellissimi e una realizzazione del limbo visionaria e azzeccata con tanti effetti particolari e che regalano originalità e un aspetto unico al gioco. Si spazia, inoltre, molto spesso da cutscene create con il motore grafico del gioco ad altre in computer grafica curatissime, come in Final Fantasy X.

DMC

L’illuminazione, in questa versione PC, è uno degli aspetti più curati e potenziati e regala degli scorci mozzafiato e incantevoli, ma le texture, seppur buone, non sono state ottimizzate e il supporto alle directx 11 è assente, come accade di solito per le produzioni con l’Unreal Engine, ormai un motore vecchio e datato per alcuni aspetti. Ad essere migliorati, rispetto alla versione console, sono la risoluzione in FULL HD e il framerate, che schizza a valori incredibili superando i 60 FPS anche su macchine di fascia media, rendendo l’azione frenetica e fluida come deve giustamente essere in giochi di questo genere per goderseli appieno. Se ci aggiugiamo poi una colonna sonora elettrizzante in cui sono presenti brani dei Combichrist, un gruppo Aggrotech norvegese, e dei bravi Noisia non si può che ottenere una produzione audio-visiva eccezionale. Anche il doppiaggio si assesta su buoni livelli non stonando troppo con i personaggi, a parte quello di Dante che è risultato leggermente infantile. Rimangono purtroppo dei difetti per quanto riguarda le telecamere, che negli spazi stretti e durante gli scontri caotici tendono a posizionarsi in modo confusionario non garantendo una visuale chiara al giocatore, ma accade molto raramente.

DMCDevil May Cry viene stravolto ma è più folle che mai

I Ninja Theory stravolgono il mondo e la storia originale di Devil May Cry, ma riescono a regalare un prodotto a dir poco appassionante ed estremamente folle e divertente, raggiungendo vette di gameplay che i vecchi capitoli potevano solo sognarsi. La varietà e la profondità è tanta e il team ha dimostrato di essere molto appassionato del franchise, scrivendo una sceneggiatura, che, anche se non perfetta, coinvolge e tiene incollati allo schermo, ed è accompagnata da un’alternanza tra le varie componenti di gioco precisa, funzionale, ritmica e ben gestita che non annoia mai il giocatore portandolo al senso di monotonia. Il gameplay è il meglio che si può avere da un action hack’n slash e vi divertirà gasandovi in modo incredibile, grazie anche ad una colonna sonora d’eccezione e un lavoro artistico e di level design affascinante e visionario. I difetti non mancano come una poco precisa gestione della telecamera negli scontri caotici, la mancanza del lock on, che specie in alcune situazioni si fa sentire, e un’ottimizzazione su PC effettuata solo in parte, però Dante è tornato e ha davanti a sé un futuro che, grazie al nuovo team, si prospetta brillante e innovativo.

Pro

  • Produzione audio-visiva notevole
  • Il combat system è il migliore della serie
  • La versione PC è estremamente fluida…
  • Trama interessante…
  • Estremamente rigiocabile

Contro

  • …ma non ottimizzata alla perfezione
  • …ma poco emozionante e innovativa
  • Lock on assente e qualche problema di telecamera
  • Boss fight spettacolari ma abbastanza semplici

QUALITA’/PREZZO: 8

TRAMA/NARRATIVA: 7.7

GRAFICA: 8.4

GAMEPLAY: 9.2

AUDIO: 9

LONGEVITA’: 8.3

ORIGINALITA’: 8.9

GIUDIZIO FINALE: 8.5/10

Recensione Fahrenheit (PC)


Recensione a cura di Alessio “Beyond” Alessandrini

VERSIONE TESTATA: PC
Sviluppatore: Quantic Dream

Publisher: Atari

Data di Uscita: 2005

Genere: Film Interattivo/Avventura Grafica/Stealth/Survival

Lingua: Italiano

Le cose non sono mai come sembrano. Pensiamo di capire il mondo intorno a noi ma in realtà vediamo ciò che sta all’esterno, ciò che appare. Anch’io ero come te. Anch’io prima credevo nell’umanità, nei quotidiani, nella pubblicità, nella politica e nei libri di storia. Ma un giorno il mondo ti dà un bel calcio nei denti e tu non puoi far altro che vedere le cose come sono per davvero…” – Lucas Kane (Fahrenheit)

Fahrenheit 2

New York, Gennaio 2009. Lucas Kane, un semplice impiegato bancario addetto alla manutenzione di sistemi informatici, si risveglia nel bagno di una tavola calda dopo uno stato di trance scoprendo di aver inconsapevolmente ucciso un uomo del tutto sconosciuto. Da qui partono le vicende di Fahrenheit, nuovo lavoro dei Quantic Dream (Omikron: The Nomad Soul), dove accompagneremo il nostro protagonista in un viaggio verso la verità passando per risvolti paranormali, mitologie, profezie, storie d’amore, ricordi, fughe dalla polizia, stati d’animo altalenanti e mondi immaginari. Oltre al depresso, confuso ma anche profondo e determinato Lucas, il prodotto ci mette anche nei panni dei suoi “avversari” ossia due poliziotti incaricati di catturarlo: Carla Valenti, donna dura, single convinta e claustrofobica fin da bambina, e Tyler Miles, uomo pigro, grande estimatore del suo capo ed estremamente innamorato di sua moglie Samantha. Il punto di forza del gioco sta proprio nel rapporto tra i protagonisti e comprimari, nella loro caratterizzazione profonda e convincente come si è visto in altri pochissimi titoli, nella narrazione delle vicende che nulla ha da invidiare ai prodotti hollywoodiani più blasonati, i passaggi emotivi e psicologici e nell’immedesimazione che si raggiunge soprattutto in alcune fasi di gioco molto coinvolgenti e dal forte impatto emotivo. Dal punto di vista narrativo però non sono tutte rose e fiori, infatti se il gioco si rende incredibilmente interessante ed appassionante per oltre i tre quarti dell’avventura con continui colpi di scena e un ritmo incalzante, verso la fine a causa di una rivelazione un po’ troppo fantasiosa e veramente poco credibile – che fa abbastanza l’occhiolino a Tron – potrebbe leggermente deludere qualcuno.

Fahrenheit

Innovazioni, tre protagonisti, tanta libertà di scelta…ma con quali limiti?

Con Fahrenheit Quantic Dream ha dato vita ad un nuovo genere, quello dei film interattivi. Al centro di tutto c’è la trama, la volontà di raccontare una bella storia adulta cosparsa di significati individuabili tra le tantissime righe di dialogo di cui la sceneggiatura, scritta dal visionario David Cage, è costituita. Lui affronta i temi del cambiamento improvviso, la caduta morale, la quotidianità, la mutazione degli stati d’animo sia fisici, psicologici e della sfera emozionale arrivando a parlare anche del rapporto tra cittadini e media sempre molto superficiale fino a giungere all’apocalisse. La struttura di gioco si divide in decine di sequenze dalla durata complessiva di sei ore circa, ma sono sei ore ricche di varietà e situazioni diverse tra loro, soprattutto nelle prime quattro ore. Fahrenheit infatti sà prendere ottimo spunto da un po’ tutte le tipologie di videogioco esistenti e metterle insieme con un alternanza a dir poco perfetta, a parte nelle ultime fasi di gioco dove si ha l’impressione che a dominare è solamente la componente rhythim game, caratterizzata dall’utilizzo di quicktime events (premere con il giusto tempismo tasti che vengono proiettati sullo schermo): una scelta che evidentemente è derivata principalmente dagli eventi narrativi che ci ritroveremo ad affrontare.

Fahrenheit

Il prodotto è figlio delle classiche avventure grafiche punta e clicca – componente dominante nella prima metà di gioco – con un mirino puntato soprattutto sulle interazioni ambientali con oggetti e sui dialoghi con i personaggi, i quali saranno gestiti in maniera molto realistica presentando un tempo a disposizione sia per fare domande sia per dare risposte. Entrambe le cose, insieme a delle scelte morali che ci ritroveremo costretti a fare, andranno ad influire sulla storia, sulla narrazione degli eventi, sull’ opinione che i personaggi avranno su di noi. La libertà totale di scelta che si respira in Fahrenheit è unica però purtroppo ha le sue grandi limitazioni. Quantic Dream aveva promesso un gioco realistico in cui le scelte ed azioni compiute avrebbero portato ad eventi diversi però ad esempio troviamo la ripetizione del livello ogni volta che in una sezione di quicktime events si fallisce invece di portare alla morte o ad una conseguenza diversa – nella vita reale non ci sono seconde opportunità – e cosa più grande e grave è che il finale – ce ne sono ben tre differenziati abbastanza male – viene deciso soltanto nell’ultimo capitolo del gioco e dipende tutto dall’esito dello scontro finale invece che dalle scelte fatte in precedenza. A questo punto si può benissimo dire che in realtà la struttura narrativa di Fahrenheit, a parte pochissime scelte importanti e che veramente cambieranno qualcosa, si può definire dal background lineare.

Fahrenheit

Come dicevamo in Fahrenheit controlleremo ben tre protagonisti più un comprimario in brevissime sezioni: Markus, il prete della chiesa Saint Paul nonché fratello di Lucas. I due metodi di gioco fuggitivo/sbirro sono molto differenziati: nel primo le nostre azioni sono molto più “stealth”, dobbiamo stare attenti a cosa lasciamo in giro per non allertare la polizia durante qualche ispezione, aggirare i posti di blocco, nascondersi e cosi via, mentre nel ruolo dei due poliziotti saremo alla ricerca di tracce, ci saranno diversi enigmi da risolvere, creare identikit, sezioni nelle proprie abitazioni anche per dare un certo senso di quotidianità e per caratterizzare ancora meglio i loro character design e brevi sezioni persino da survival horror con protagonista Carla e la sua paura dell’oscurità, caratterizzata in modo soddisfacente! In queste sezioni il nostro unico scopo sarà quello di camminare e mantenere l indicatore che comparirà sulla parte bassa dello schermo sempre centrale in modo tale da controllare la respirazione di Carla e non farla andare nel panico. Soprattutto durante le fasi in cui controlleremo Lucas, inoltre, ci saranno dei momenti in cui  avremo a disposizione un tempo limitato per nascondere prove, compiere determinate azioni come fare una chiamata o dilettarsi nella fuga e tutto ciò da un senso di immedesimazione e di pressione perchè ci indurrà a sbrigarci nel più breve tempo possibile, però anche qui nel caso veniamo scoperti o catturati avremo a disposizione infinite possibilità per ripetere le varie scene ed avere successo. Lucas durante la sua avventura avrà anche alcuni flashback che lo ricondurranno a quando era un bambino e in questi livelli dominerà una componente stealth abbastanza basilare, tradizionale e guidata ma con la sua originalità. Dovremo evitare i vari riflettori, distrarre nemici in modi abbastanza scriptati e stare attenti a non essere beccati guardando anche le varie prospettive e punti di vista che il gioco cinematograficamente ci proporrà in sezioni di schermo differenti, un po’ in stile fumetto, risultando molto utili e ben studiate. Passando al sistema di controllo, su PC viene utilizzato il solito sistema WASD per i movimenti in fase esplorativa e il mouse per scegliere la domanda o risposta durante i dialoghi ed ognuna è collegata da un movimento direzionale del mouse come anche tutte le interazioni con l’ambiente, ma il bello sta nel fatto che ad ogni azione è assegnato un movimento in base al contesto in cui ci troviamo. La stessa cosa vale per le scene spettacolari, più energetiche e cinematografiche dove utilizzeremo sequenze di quicktime events – scelti ovviamente per spettacolarizzare – per far eseguire determinati movimenti al personaggio in nostro controllo.

Fahrenheit

Si fallirà quando le nostre vite saranno finite, cioè ad ogni grande sbaglio ce ne verrà sottratta una ed esse saranno recuperabili tramite vari crocifissi sparsi per il gioco. Queste sequenze partono anche durante alcuni dialoghi e servono perlopiù a non far distrarre lo spettatore dal gioco e soprattutto per acquisire informazioni sempre più dettagliate riguardo alcuni argomenti che, se falliamo durante la sequenza, perderemo per il resto dell’avventura – una delle cose più realistiche del titolo-. Ma ci sono anche svariati minigiochi come il suonare la chitarra, gli incontri di box e il basket che ne fanno uso, sempre rimanendo bene nel contesto delle azioni. Fahrenheit essendo un gioco basato sullo status mentale ed emotivo dei personaggi, mostra anche sulla parte destra dello schermo una icona che terrà conto della situazione psicologica del nostro personaggio. Questa è una delle cose che funziona meglio nel gioco perchè ad ogni brutta notizia, scelta sbagliata, situazione deprimente o anche il ridursi all’alcool per fare un esempio fa scendere tale indicatore e serviranno notizie belle, azioni che trasmetteranno felicità o la raccolta di vari bonus sparsi per i livelli per far tornare il buon umore. Se l’ indicatore scende a zero i personaggi vanno in crisi.

Fahrenheit

VIDEORECENSIONE

Una New York divorata da neve incessante ma con vari punti di splendore

Tecnicamente Fahrenheit si presenta più che dignitosamente per quanto riguarda modelli poligonali ed animazioni facciali che riescono ad esprimere anche la minima emozione, merito di un motion capture di ottima fattura. Sia ambienti chiusi che all’aperto hanno il loro fascino artistico e coinvolgono sia visivamente che emotivamente e a contribuire è anche la neve incessante che cade sulla città che unita ad una storia particolarmente profonda come questa crea atmosfera e dipendenza colpendoti al cuore. La recitazione degli attori digitali è a dir poco sorprendente e alcune scene fanno davvero commuovere rimanendoti dentro per sempre. Le storie d’amore unite alle espressioni dei visi e all’atmosfera che circonda il gioco sono qualcosa di unico e persino le varie e brevi scene di sesso catturano per coinvolgimento, anche se ovviamente si riducono soltanto a dei semplici click di mouse. Se tutto questo poi viene accompagnato da una colonna sonora scritta niente poco di meno che dal compositore statunitense, ma di origini italiane, Angelo Badalamenti, famoso per le sue tracce molto cupe e horrorifiche non si può che raggiungere l’eccellenza. I difetti però non mancano come sempre. Nella versione PC si notano tutti i difetti derivanti dalla conversione da console con texture molte volte davvero in bassa risoluzione – soprattutto nelle ambientazioni nel passato di Lucas e Markus – e che proprio in generale non spiccano per dettaglio anche spingendo le varie opzioni grafiche ai massimi livelli. E’ apprezzabile però il supporto all’antialiasing fino ad 8x e del filtro anisotropico fino a 16x che, se impostati al massimo, riescono a regalare un immagine nitidissima anche se i difetti grafici vengono accentuati ancor di più. Nessun glitch o bug da segnalare. Lavoro pulitissimo.

Fahrenheit

Obiettivo quasi raggiunto

Con Fahrenheit i Quantic Dream sono riusciti a regalarci un altro capolavoro dalla splendida trama profonda riuscendo ancora una volta a distinguersi tra tanti nel mercato videoludico. La libertà di scelta data al giocatore è immensa e qualsiasi personaggio presente nel gioco ha un anima, è caratterizzato alla perfezione e vi conquisterà senza dubbio. Purtroppo vicino a cotanta bellezza si affiancano diversi problemi sia narrativi che di gameplay dovuti soprattutto al budget dato agli sviluppatori da Atari che sfortunatamente è in crisi. Se avessero avuto un appoggio più grande da parte del publisher sicuramente sarebbe uscito un lavoro completo sotto tutti gli aspetti e che sarebbe diventato un classico dei giochi di avventura. Il titolo è minato anche da una grafica abbastanza datata in quanto a livello di dettaglio ma che soddisfa ampiamente per la ricreazione e le espressioni facciali dei protagonisti che donano emozioni al giocatore, insieme allo stupendo background e all’atmosfera artica. A completare un opera di tutto rispetto c’è un doppiaggio d’eccezione e una colonna sonora da oscar che risalta qualsiasi momento ed emozione visiva cosi da rendere Fahrenheit un must-buy assolutamente da tenere nella propria collezione e un film completamente interattivo da godersi a luci spente e con le cuffie durante le cupe giornate invernali. Nei videogame ogni emozione vale oro per la loro rarità e il titolo firmato Quantic Dream ne ha da vendere! Lavoro eccellente.

Fahrenheit

Pro

  • Trama appassionante e coinvolgente
  • Caratterizzazione dei personaggi profonda
  • Atmosfera e colonna sonora da oscar
  • Gameplay immediato e profondo nonostante l’esteticità…
  • Integrazione di vari stili differenti di gioco

Contro

  • …ma verso la fine perde molto
  • Non a tutti piace andare avanti di quicktime events
  • Longevità inferiore alla media e rigiocabilità non estremamente elevata
  • Graficamente abbastanza datato
  • Qualche minima imprecisione nei controlli
  • Una scelta narrativa con poco senso

VOTI

QUALITA’/PREZZO: 9

TRAMA/NARRATIVA: 8.9

GRAFICA: 7.9

GAMEPLAY: 8.5

AUDIO: 9.5

LONGEVITA’: 7.5

CARISMA: 9.7

VOTO GLOBALE: 9.2

Recensione The Amazing Spider-Man (PC)


Recensione a cura di Alessio “Beyond” Alessandrini

Sviluppatore: Beenox

Publisher: Activision

Data di Uscita: 31 Agosto (PC)

Genere: Action/Adventure/Free Roaming

Lingua: Italiano

Peter Parker torna su PC e Console più AMAZING che mai!!!

Tanti sono stati gli adattamenti videoludici dedicati al nerd del Queens più famoso dell’universo Marvel, ossia Peter Parker, alias Spider-Man, ma pochi quelli che veramente hanno lasciato il segno nel cuore degli appassionati. La software house canadese Beenox ha sempre ammesso di avere a cuore il personaggio creato dalla creatività di Stan Lee e Steve Ditko, e lo ha dimostrato con i discreti Spider-Man: Shattered Dimensions e Spider-Man: Edge Of Time, portando in scena delle zone totalmente inesplorate videoludicamente del mondo dell’ arrampicamuri sia dal punto di vista narrativo che della giocabilità. Quest’anno, con l’uscita nelle sale mondiali del reboot dell’ adattamento cinematografico diretto da Marc Webb, The Amazing Spider-Man, Beenox ha cercato di superarsi ulteriormente con l’omonimo tie-in.

Un mostro alberga in tutti noi

La storia di The Amazing Spider-Man funge da vero e proprio sequel della pellicola. Il dottor Curt Connors, dopo aver scatenato la sua parte oscura, Lizard, sull’isola di Manhattan, viene rinchiuso da Spider-Man nel famoso manicomio di Beloit, ma le sue ricerche alla Oscorp vengono continuate dallo scienziato Michael Morbius che, in cerca di un siero in grado di guarirlo dalla sua grave malattia, effettua vari esperimenti iniettando DNA umano in diversi animali. Proprio così si vengono a creare degli ibridi come Scorpion, Vermin, Iguana e Rhino, che vengono tenuti sotto stretta sorveglianza all’interno della Oscorp. Grazie alla “caduta” di Connors, la Oscorp Industries è costretta ad assumere un nuovo volto per la propria azienda ed è finalmente il momento dell’ascesa per la brillante mente di Alistaire Smythe, un appassionato di robotica da sempre grande rivale di Connors dai tempi dell’Università per quanto concerne il loro parere scientifico. Durante una visita di Peter ai laboratori Oscorp gli ibridi impazziscono perchè attirati dal suo sangue misto ed infettano gli scienziati compresi Gwen e lo stesso Smythe. Da qui parte la nostra vera avventura in cui gli obiettivi principali sono quelli di trovare un antidoto in grado di rimediare al contagio e catturare tutti gli ibridi evasi per evitare la diffusione dell’epidemia a Manhattan, che trasforma qualunque essere umano in ibrido. Narrativamente il prodotto è molto interessante e si ispira moltissimo ai prodotti Rocksteady dedicati a Batman, soprattutto Batman Arkham City, cercando di dare profondità alla personalità dei personaggi, ma purtroppo il titolo mostra qui tutte le sue limitazioni da classico tie-in, perchè se approfondisce in modo più che dignitoso la rivalità Connors-Smythe, l’inizio della pazzia di Alistaire, i personaggi principali come Gwen e Peter, qualche figura leggermente curata come quella di Felicia Hardy e mette in scena un atmosfera tipica dell’Universo di Spider-Man, però pecca nella caratterizzazione di tutti i villain che incontreremo strada facendo, riducendoli a banali e superficiali mostri urlanti senza cervello e senza una storia alle spalle. Questo è un vero peccato perchè con una liberta maggiore e un budget meno limitato, Beenox sarebbe stata in grado di tirar fuori un capolavoro con i fiocchi e ciò ce lo fa anche pensare la presenza di dettagliatissime biografie dei personaggi all’interno della sezione EXTRA nel menù principale del gioco. Il prodotto dei canadesi rimane comunque molto valido sotto questo aspetto soprattutto se si pensa che siamo di fronte ad un tie-in ricavato da un film e che si deve assolutamente basare sulla trama vista al cinema. Se siete fan sfegatati del fumetto vi porterà più di qualche gioia grazie a diverse citazioni e per il buon messaggio che trasmette: in ognuno di noi c’è un mostro, una parte oscura che ci cambia da un momento all’altro, ma dobbiamo riuscire a trattenerla, tenerla segreta ed equilibrarla al nostro animo buono.

Una Manhattan viva, pulsante e completamente esplorabile!

Con The Amazing Spider-Man Activision e Beenox sono volute tornare alle origini del brand adottando una struttura sandbox/free roaming dove il nostro Spidey è libero di esplorare la Grande Mela in lungo e largo senza limitazioni, dedicandosi liberamente alle attività che più lo aggradano. A nostra disposizione ci sarà la solita mappa, che potremo richiamare premendo il tasto TAB, e ci indicherà tutte le missioni sbloccate in città. Tramite un semplice click sinistro di mouse possiamo impostare la nostra destinazione attivando così il GPS che ci guiderà nel posto desiderato, seguendo semplicemente la minimappa in basso a destra dell’interfaccia. Le missioni si possono dividere in principali, secondarie, sidequest e sfide estreme. Le prime vengono indicate sulla mappa con una stella, riguardano esclusivamente la storyline e girano sempre intorno alla preparazione dell’antidoto, alla Oscorp e suoi laboratori, al recupero degli ibridi sparsi per la città, alla distruzione dei robot acchiappaibridi di Smythe. La varietà di tali missioni non è altissima perchè ci ritroveremo , soprattutto verso la metà del gioco, a riaffrontare compiti parecchio simili tra loro e con poca differenza anche in fatto di ambientazioni, leggermente ripetitive, estremamente lineari e per la maggior parte dell’ avventura sempre al chiuso, ma comunque rimangono coinvolgenti fino alla fine. Dove esse colpiscono tantissimo invece è durante le boss fight super cinematografiche, in molti casi anche epiche ma estremamente facili! Le missioni secondarie vengono segnate in verde sulla mappa e rappresentano la parte di gioco più ben riuscita del lavoro Beenox. Esse sono legate strettamente alla trama principale e presentano una discreta varietà. Troveremo infatti missioni da fotografo a dir poco geniali, laboratori segreti della Oscorp da ripulire, missioni nelle fogne ed altre tipologie come ad esempio rapine in banca. La particolarità di queste missioni secondarie è che potremo sbloccare alcune boss fight che altrimenti rimarrebbero inedite affrontando soltanto linearmente la storyline ed è un incentivo in più per impegnarci.

Ora arriviamo a parlare della parte più monotona del gioco ossia quella delle sidequest o missioni di contorno. Esse prevedono quattro tipologie di missioni ossia: il recupero di pazienti evasi da Beloit portandoli nelle centrali di polizia più vicine, il trasporto di abitanti infetti negli ospedali, inseguimenti di criminali in auto e missioni per la polizia locale. Tutte queste missioni sono identiche a tutte quelle della propria tipologia senza alcuna variazione a parte il recupero di pazienti del manicomio che potrebbe incuriosire il giocatore, perchè ogni paziente che troveremo in città si comporterà in modo diverso ed è uno spasso starli a guardare. Le sfide estreme che fungono da veri e propri minigiochi sono completamente da evitare perchè saremo ancorati allo stesso minigioco per tutta la durata del titolo. In poche parole si tratta di un semplicissimo minigioco in cui Spider-Man verrà controllato dalla CPU eseguendo acrobazie per Manhattan e noi controlleremo soltanto la macchina fotografica con visuale in prima persona cercando di seguire i suoi movimenti e tener fisso l obiettivo su di lui. Man mano che termineremo le varie sfide il tempo delle acrobazie si prolungherà quindi nulla di veramente ESTREMO. Nel gioco Peter avrà a disposizione anche un hub centrale che inizialmente sarà un appartamento appartenente ad un amico di Zia May chiamato Stan, mentre verso la fine della storyline si sposterà nel laboratorie di Lizard nelle fogne della città. Qui il nostro supereroe potrà cambiare il suo costume, parlare con i vari personaggi o scegliere di rieseguire una missione precedente tramite un apposita bacheca e cercando cosi di completare i livelli al 100%.

 

Spiderman vs Batman

Nel nuovo titolo Beenox non si può non notare l’intensa somiglianza con Batman dal punto di vista del gameplay. Spidey ha infatti a disposizione il pulsante destro del mouse per il contrattacco e la schivata, il pulsante sinistro per gli attacchi corpo a corpo, lo SHIFT per l utilizzo delle ragnatele, la Q per utilizzare la tecnica della fuga di ragno e la E sia per il colpo di ragno che per utilizzare la nuovissima feature del Web Rush o Scatto di Ragno. Essa permette sia in fase di esplorazione che durante le missioni di raggiungere in un modo più veloce ed immediato qualsiasi parte dello scenario ovviamente entro un determinato raggio. La visuale dalla terza passa in prima persona rallentando anche il tempo e cosi facendo ci vengono mostrati tutti i vari appigli, segnati in giallo, raggiungibili. Trovato l’appiglio giusto che potrebbe essere ogni cosa, un palo della luce, una bandiera e cosi via, la CPU calcola automaticamente il percorso da seguire lanciando Spider-Man in cinematografiche sequenze dove salta ostacoli, corri sui muri, si lancia e spara ragnetele. Una tecnica che abbiamo trovato stupefacente e funzionale ai fini del gameplay. Altra novità è la fuga di ragno che ci permette di fuggire velocemente da un combattimento che sta diventando difficile o per scappare in modo immediato da attacchi letali di determinati nemici riconoscibili dal colore del senso di ragno che comparirà sulla testa del supereroe: se è rosso stanno per sferrare un attacco non schivabile e ci conviene utilizzare in fretta la fuga di ragno mentre se è bianco significa che è un attacco leggero e facilmente schivabile utilizzando l’apposito tasto e non serve fuggire dal combattimento in corso. Quando viene utilizzata la fuga di ragno Spider-Man compie un balzo all’indietro ed utilizzando una ragnatela scappa sul soffitto in un punto lontano dai nemici, però non sempre basterà solo utilizzare tale tecnica per non essere più sotto l’attenzione dei nemici; soprattutto nei livelli più avanzati e dove ci sono avversari più svegli come ad esempio i robot bisognerà mescolare tale tecnica anche con lo scatto di ragno cercando nascondigli migliori in modo più preciso.

E’ proprio questo l’approccio al quale ci spinge il gioco per tutta la sua durata: lo stealth. E’ infatti consigliabile agire sempre di soppiatto sui muri e prendere i nemici di sorpresa tramite azioni furtive scriptate attivabili quando siamo sopra la testa di uno di loro. In tali momenti si attiva una specie di range a forma di ragnatela viola e potremo catturare furtivamente tutti i nemici che si trovano all’interno appendendoli in bozzoli di ragnatela sul soffitto. Ma le azioni furtive non posso essere compiute soltanto dall’alto: possiamo anche aggirare gli avversari alle spalle senza farci scoprire camminando dietro di loro o strisciando sui muri laterali ed è bellissimo guardare quante scene di cattura cinematografiche hanno inserito gli sviluppatori nel loro titolo! Tutto questo è molto divertente perchè il gioco inserisce una componente strategica molto forte a differenza dei precedenti titoli ispirati all’Uomo Ragno dove bastava combattere e premere tasti di combattimento per vederci trionfare. Certo non siamo a livelli di uno Splinter Cell, Hitman o Thief e neanche dello stesso Batman che eccelle per level design e profondità mentre qui è tutto molto lineare però è da apprezzare lo sforzo nel rinnovare una formula ormai vecchia e monotona inserendo delle innovazioni che di certo non ci dispiacciono affatto. Peccato che a lungo andare proprio per problemi di level design poco articolato e una difficoltà adeguata ma di certo non molto competitiva il titolo potrebbe portare a noia soprattutto per i fan meno accaniti perchè le meccaniche restano sempre molto simili e non si sente quell’avanzamento di livello, complessità e difficoltà che invece si vorrebbe.

Nel gioco è presente un sistema di progressione e punti esperienza come da tradizione nei giochi moderni. Il sistema è ben bilanciato e recupereremo punti esperienza per qualunque missione portata a termine o collezionabile trovato. Riempita la famosa barra degli EXP Peter avanzerà di livello e a questo punto avrà diritto ad acquistare un potenziamento per le sue abilità. The Amazing Spider-Man presenta due schede per i potenziamenti ed è facile accedervi premendo il tasto TAB e navigando tra le sezioni del menù tramite i tasti Q ed E. Ci sono i potenziamenti per le caratterstiche fisiche e i cosiddetti Potenziamenti Tech che migliorano soprattutto le abilità speciali di Spider-Man con le ragnatele e gli attacchi furtivi. I primi spendono punti acquisiti con l’avanzamento di livello – ne avremo a disposizione uno ad ogni avanzamento di livello – mentre i secondi spendono i pezzi Tech che possiamo trovare sparsi nelle missioni interne del gioco o acquisire completando missioni. Ogni potenziamento può essere migliorato fino a due o tre volte e conferiscono al gameplay una discreta profondità aggiungendo un buon numero di combo, che però non raggiunge apici come in Batman risultando non eccessivamente curato e vario visto che in fondo è l’anima stealth quella che domina. Ciò che è stato ampiamente rivisto è l’utilizzo delle ragnatele. Oscillare tra i palazzi di New York ora è diventato molto più spettacolare ed immediato ma anche leggermente più guidato soprattutto per evitare grossi problemi con la telecamera che sempre hanno afflitto i titoli dell’Uomo Ragno. Terminata la storyline principale Il gioco si lascia ancora giocare grazie anche allo spesso fan service di cui il gioco è stato riempito. Tra i collezionabili troviamo i ben 600 fumetti sparsi per tutta New York, comprese le missioni e i quasi dieci costumi di Spider-Man sbloccabili completando sia missioni primarie che secondarie compreso quello di Spider-Man 2099, della trilogia di Sam Raimi, Il simbionte, quello della Fondazione Futura e molti altri.

 

VIDEORECENSIONE

                                 

Criware: The Return!

The Amazing Spider-Man è stato sviluppato con il motore grafico che ormai muove tutte i giochi ispirati a supereroi firmati Activision: il Criware. In The Amazing Spider-Man torna più potente e forte che mai con un sistema di illuminazione a dir poco spettacolare e realistico, un ottima gestione delle ombre e soprattutto è in grado di offrire una profondità di campo e un dettaglio di personaggi principali e boss ammirevole! Spider-Man è texturizzato in maniera esemplare: tutti i suoi costumi sono ultra definiti dalla testa ai piedi ed è animato alla perfezione con decine di animazioni diverse e spettacolari sia in volo che durante i combattimenti. Manhattan è stata ricreata in modo molto fedele e soprattutto il grande pregio da dare agli sviluppatori riguarda il fatto che sembra una città viva, piena di movimento e di azioni quotidiane e non un semplice posto dove attaccare ragnatele e girovagare per tutto il gioco. I panorami sono a tratti straordinari e soprattutto salendo sopra la Oscorp Tower si ha una forte sensazione di dominio. Bellissimo anche il Central Park ricreato in modo straordinario e sarà uno dei posti dove vi andrà di passare più tempo. I character design dei villain sono stati tutti curatissimi e non è mancata la creatività. Peccato per qualche personaggio un po’ trascurato come Gwen e Smythe per i quali non è stato fatto un lavoro di motion capture adeguato e le mimiche facciali mancano un po di espressività. Stupendi invece gli effetti di motion blur durante le nostre cadute in picchiata, durante le oscillazioni e alcuni scenari di grande effetto epico.

Altra qualità dal punto di vista tecnico è la meccanica e rappresentazione delle ragnatele rese finalmente tridimensionali e persistenti sul campo di battaglia e dalle animazioni perfette! Grosso neo della produzione è il caricamento delle texture che molto spesso in fasi all’aperto avviene in ritardo dando vita a difetti di pop-in pop-up e di bad clipping rendendo la città fantasma a volte anche per diversi secondi. Inoltre da segnalare anche il fatto della poca realisticità delle ragnatele che vanno ad attaccarsi ancora una volta al cielo e la varietà di NPC che non è sbalorditivà. Ad esempio ci è apparso più volte su schermo di incontrare tre o quattro poliziotti tutti uguali che camminavano in fila indiana con l unica particolrità che uno portava gli occhiali e gli altri no ed eventi del genere. Molto carina invece l’evoluzione della città da prima a dopo l’epidemia. Si nota una crescita costante degli infetti per le strade e di gente in mascherina però peccato che tutto ciò dopo la fine della trama principale scompaia come se tutto ciò non fosse mai accaduto. La città devastata torna come nuova senza segni di combattimenti, la gente torna alla sua normale queotidianità…l’ unico segno che resta è la quantità di infetti ancora da salvare ma niente di più. Notevolissimo il comparto audio invece che anche se ripropone tutta la colonna sonora del film in ripetizione però è caratterizzato da dei dialoghi che riescono a donare un atmosfera umoristica al gioco per tutta la sua durata. Le battutine di Spider-Man anche se non sempre intelligenti – forse anche colpa del doppiaggio italiano – riescono a farci passare il gioco in allegria e finalmente lo sentiamo parlare spesso durante le esplorazioni e le missioni…forse anche troppo e si distingue per un numero considerevole di righe di dialogo. Doppiaggio dei comprimari nella norma e di buona fattura.

Tie-in più che apprezzabile!

The Amazing Spider-Man è un titolo coraggioso e ben curato sotto la competente mano di Beenox e che stupisce come ben pochi tie-in hanno saputo fare. Sembra di essere tornati al 2004 quando Starbreeze Studios con il suo The Chronicles Of Riddick: Escape Of The Butcher Bay riuscì a tirar fuori da un semplice tie-in ispirato ad un film un quasi capolavoro. Beenox è riuscita nell’intento di andare oltre il semplice copia-incolla del film creando un free roaming divertente al punto giusto, con una trama coinvolgente anche se piuttosto breve, dei personaggi in parte ben caratterizzati e un quantitativo di missioni da fare notevole e vario anche se non si raggiungono vette altissime. Purtroppo il gioco è in parte limitato dal suo essere tie-in e dal basso budget messo a disposizione visto che personaggi molto importanti come i villain appaiono senza un anima e molte missioni secondarie sono ripetitive e poco creative. Il team però ha dimostrato che con il Ragno ci sa fare grazie ad un gameplay innovativo ed immediato che si lascia apprezzare e diverte. L’aver messo un accento sulla componente stealth è stato un bene rendendo così le meccaniche di gioco più strategiche e riflessive facendo risvegliare la vera essenza di Spider-Man, caratterizzato alla perfezione grazie anche al suo umorismo onnipresente. Beenox continua con l’evoluzione del proprio personaggio preferito e sicuramente lo sta facendo con classe ed originalità quindi ci aspettiamo che resti dietro le produzioni di Spider-Man per moltissimo tempo cosi da poter magari regalarci in futuro finalmente il tanto atteso capolavoro.

Pro

  • Manhattan esplorabile e soprattutto viva
  • Gameplay innovativo, immediato e divertente…
  • Umorismo persistente
  • Buona trama…
  • Ricco fan service
  • Alcune missioni secondarie appassionanti
  • Boss fight e alcune situazioni epiche
  • Tecnicamente di buona fattura…

Contro

  • …ma non molto profondo e leggermente ripetitivo alla lunga
  • …anche se i villain non sono minimamente caratterizzati
  • …ma con alcuni piccoli difetti
  • Tasso di sfida medio/basso
  • Sidequest monotone
  • Longevità non eclatante

Qualità/Prezzo: 7.5

Trama/Narrativa: 7.5

Grafica: 8

Audio: 7.8

Gameplay: 8

Longevità: 7.5

Originalità: 7.8

Carisma: 8

VOTO GLOBALE: 8/10

Recensione Darksiders 2 (PC)


Recensione a cura di Alessio “Beyond” Alessandrini

VERSIONE TESTATA: PC

Un fratello da salvare, delle anime da resuscitare: che il lungo viaggio di Morte abbia inizio!

Correva l’anno 2010 quando una sconosciuta software house americana, Vigil Games, si fece notare e debuttò nel mondo videoludico con il primo capitolo della serie Darksiders, appoggiata da THQ. Essa è ispirata alle quattro figure simboliche riportate nell’Apocalisse di Giovanni, i Cavalieri dell’Apocalisse: Guerra (il Cavaliere dal cavallo rosso come l’ Ira), Morte (il Cavaliere dal cavallo verde come il colore dei cadaveri in putrefazione), Carestia (Il Cavaliere dal cavallo nero rappresentazione simbolica della fame) e Pestilenza (il Cavaliere dal cavallo bianco che rappresenta le malattie). Nel primo capitolo ci siamo ritrovati al comando di Guerra che, convocato sulla Terra dopo una presunta rottura del Settimo Sigillo, scatena un Armageddon prematuro visto che quest’ultimo Sigillo in verità non fu mai spezzato. L’Arso Consiglio, un insieme di neutre entità che preservano l’equilibrio tra Paradiso e Inferno da sempre in conflitto, dopo aver scoperto ciò accusarono Guerra di aver causato la fine della vita sulla Terra prima del tempo, condannandolo così a morte. E’ proprio da questo punto che parte l’avventura parallela di Morte, fratello di Guerra, nel sequel Darksiders 2. Morte, conosciuto anche come Il Mietitore, è turbato dalle accuse nei confronti di suo fratello che rispetta molto, considerandolo il più onorevole ed incorruttibile tra i quattro, allora và su tutte le furie quando venne a sapere del destino al quale lui fu condannato, se non avesse rimediato al disastro che aveva causato. Essendo sicuro che Guerra fosse innocente, Il Boia parte per terre immaginarie insieme ai suoi fedeli compagni di avventura: Disperazione, il suo cavallo scheletrico che produce fiamme verdi, e Polvere, il suo fedele corvo, con l’intento di salvare Guerra dal suo atroce destino, cercando di riportare l’umanità sulla Terra. Se l’idea di partenza premetteva una trama epica, con un atmosfera impareggiabile, profondità ed un alto tasso di spettacolarità, dobbiamo purtroppo dirvi che il risultato finale è così soltanto in parte. Darksiders 2 convince nell’impostazione iniziale facendo ben sperare, ma purtroppo man mano che si procede con la storyline la narrativa acquista sempre più superficialità, con un’ attesa infinita da parte dello spettatore/giocatore che si giunga a rivelazioni che però non arrivano mai o ad una profondità che ci racconti per esempio il rapporto fraterno Morte-Guerra completamente tralasciato. Alla fine si giunge ad un finale non completamente malvagio ma abbastanza povero e vuoto in quanto ad emozioni, con colpi di scena abbastanza deboli a sorreggere un intera struttura narrativa molto traballante e priva di humor ed intensità, che porta ad un finale cliffhanger in stile serie TV lasciando in sospeso troppe cose.

Lungo viaggio si…ma non molto ricco di contenuti.

Darksiders 2 è un action/adventure/platform colmo di puzzle ambientali, con una minima componente da gioco di ruolo e free roaming. Il mondo di gioco non è del tutto aperto ma è diviso in varie sezioni completamente esplorabili, che verranno raggiunte con il proseguimento della storyline principale attraverso specifici portali: appena si arriva in una nuova sezione si può tranquillamente tornare in quella precedente quando si vuole. Questi Regni in tutto sono quattro: La Terra della Forgia, Il Regno dei Morti, Luce Perduta e gli Inferi, ma ci sarà anche una breve parte di gioco ambientata sulla Terra. Avviando questo sequel si sente da subito il forte focus sull’esplorazione che il team di sviluppo ha voluto inserire nel suo titolo, ma il giocatore si sente soltanto in parte volenteroso di esplorare le varie ambientazioni perchè, nonostante i mondi di gioco – ma soprattutto i primi due – siano abbastanza estesi le cose da fare a parte il proseguire con le quest principali sono veramente di scarsa quantità. Il gioco infatti si può dividere in quatto parti: quest primarie, secondarie, raccolta di collezionabili e minigiochi. Le prime ovviamente si ottengono proseguendo con la storia, ma il bello è che lo stesso accade con le quest secondarie, che ci vengono assegnate con l’andamento lineare delle vicende, parlando con i vari personaggi che troveremo sul nostro cammino e consistono soprattutto su raccolta di oggetti o nemici da uccidere nella loro tana. Questo smorza completamente la fase esplorativa perchè a parte la ricerca di collezionabili, che poi non servono ad altro che a sbloccare vari oggetti rari dai mercanti – e che molte volte sono anche più deboli rispetto all’equipaggiamento da noi trovato durante l’avventura – non c’è altro da fare. Persino l’unico minigioco presente nel titolo chiamato La Prova Del Fuoco ci verrà sbloccato automaticamente e sarà presente su un lato della mappa di qualsiasi Regno. Questa Prova è l’evoluzione di tutti quei combattimenti con ondate di nemici ad arene che avevamo già visto comparire nel primo capitolo della serie, ma qui a differenza del primo si tratta di un lunghissimo minigioco in cui l’unico scopo è la sopravvivenza ad un determinato numero di ondate che possono raggiungere anche le centinaia e per ogni fascia numerica di ondate ci saranno vari premi speciali. Durante questa sfida possiamo ritirarci in qualsiasi momento e portarci a casa il premio sbloccato. Qui ovviamente conta molto il livello raggiunto dal personaggio, le varie caratteristiche fisiche, la qualità del suo equipaggiamento, le abilità acquisite e il buon utilizzo del mix tra combattimento normale utilizzando armi e l’uso di skill. Andiamo quindi ad approfondire il cuore di Darksiders 2 ossia il gameplay.

Darksiders 2 si presenta molto simile al suo predecessore per quanto riguarda il meccanismo di gioco, ma con alcune migliorie che rendono questo titolo nettamente superiore al precedente da questo punto di vista. Prima di tutto Morte ha un agilità superiore rispetto a Guerra e ciò lo rende molto più abile e veloce nei movimenti. Le fasi platform hanno subito una rivisitazione completa, ed ora somigliano tantissimo a quelle viste nel reboot di Prince Of Persia con scalate e corse sui muri molto guidate, ma che riescono a dare immediatezza, velocità e soprattutto fluidità agli spostamenti acrobatici. Altre novità sono state introdotte grazie alla componente GDR che ha approfondito abbastanza sostanzialmente il gameplay. Morte, a differenza di Guerra, ora dispone di un vasto inventario in stile RPG classico suddiviso in varie tipologie come armi primarie, secondarie, spazi dedicati ai veri pezzi di armature, talismani e oggetti delle varie missioni. Gli oggetti come in ogni RPG che si rispetti hanno delle loro caratteristiche personali e sono di colore diverso a seconda della loro qualità. Si parte da quellidi colore bianco (i più scarsi) e si arriva a quelli di colore viola (i più costosi e potenti).

Per confrontare un oggetto già equipaggiato con un altro che magari è appena entrato a far parte del nostro inventario, basta notare le caratteristiche di quest’ultimo. Se una caratteristica è scritta in verde significa che questa potenzialità è migliore nell’oggetto appena acquistato, se è segnalata in rosso significa che è peggiore e se bianca allora non cambia nulla. Però non sempre bisogna equipaggiare l’arma o l’oggetto che presenta caratteristiche verdi perchè potrebbe aumentare una nostra caratteristica fisica o arcana diminuendo il valore di un’altra. Quindi l’importante è consultare prima di fare queste scelte la lista delle caratteristiche del nostro personaggio presente sempre nella schermata dell’inventario e notare quale/i di essi ha bisogno di un incremento, così da eguagliare più o meno i vari aspetti. Altra introduzione in Darksiders 2 è stata quella del loot in stile Diablo, quindi abbattendo nemici ora avremo la possibilità di trovare oggetti utili da equipaggiare o se non ci soddisfano da vendere ai vari mercanti , guadagnando così denaro da spendere in armi, equipaggiamento più potente o per pagare i vari maestri per imparare nuove tecniche di combattimento. Le vicende in Darksiders 2 ruotano sempre intorno a diversi hub centrali dove possiamo prendere nuove quest, fare acquisti o addestrarci.

Passando proprio al combat system, per quanto riguarda le tecniche di combattimento il gioco è veramente rimasto immutato rispetto al passato, anche per quanto riguarda il sistema di controllo, affidato su PC sempre ai due tasti del mouse per attacco con arma primaria e secondaria, il sistema WASD per i movimenti, il tasto centrale del mouse per utilizzare le abilità speciali, la SPACEBAR per il salto – quest’ultimo molte volte impreciso – e ALT per la schivata. Proprio parlando di schivata finalmente è stata molto migliorata, infatti Morte a differenza del fratello, esegue un’agile capriola a terra, anche se forse a volte da sempre qualche piccolo problema con la telecamera, che essendo troppo vicina alle spalle del protagonista soprattutto negli scontri più frenetici con tanti nemici o combattimenti con grandi boss non permette di guardarsi per bene alle spalle. Le uniche novità nel combat system le ha portate sempre la componente da gioco di ruolo. Morte oltre alle semplici tecniche di combattimento con falce e arma secondaria, dispone anche di skill divise in due rami: Araldo e Necromante. Quelle dell’Araldo sono skill dedicate al combattimento mentre quelle del Necromante sono dedicate ai poteri arcani di Morte. Tra le prime troviamo skill che ci consentono di effettuare potenti colpi singoli diretti ad un solo nemico, colpi utili quando si è circondati da tanti nemici, incremento della forza, skill difensive e poi tutti potenziamenti per queste abilità, quindi la varietà non è tantissima ma c’è il minimo indispensabile per questo tipo di titolo che oltretutto non presenta nemmeno una difficoltà elevata – ma su questo ci torneremo più tardi.

Le abilità del ramo Necromante invece si dedicano soprattutto all’evocazione di creature ultraterrene, che ci possono aiutare in battaglia, sia per danneggiare ulteriormente i nemici che per raccogliere punti salute. Queste abilità possono essere ulteriormente migliorate fino a tre volte, ciascuna man mano che saliamo di livello spendendo punti abilità e sfruttano la nostra barra della Collera quindi ora andiamo a studiare anche l’interfaccia di gioco. Quest’ultima propone in alto a sinistra ben tre barre: la prima quella grigia rappresenta il nostro livello di esperienza (quindi gli EXP guadagnati uccidendo nemici e terminando missioni), la seconda quella verde indica il nostro livello di salute e l’ultima quella celeste indica appunto il livello di Collera di Morte. La Collera come anche i punti salute può aumentare uccidendo nemici o tramite pozioni, delle quali possiamo portarne con noi soltanto cinque di ciascun tipo. Anche esse possono essere sia acquistate dai mercanti che trovate in giro per il mondo. Oltre a queste barre l’interfaccia presenta anche uno strano simbolo accanto ad esse che può essere riempito combattendo, ed esso rappresenta il livello di punti Mietitore. Quando è del tutto riempito, Morte può trasformarsi per qualche secondo nella sua vera forma, quella dello spietato Mietitore, con enormi incrementi dell’attributo forza. Come nel primo capitolo questa speciale forma può essere attivata quando vogliamo, quindi soprattutto durante scontri più duri da affrontare.

Il viaggio di Morte ci porterà all’interno di tantissimi enormi dungeon come in The Legend Of Zelda. Questi sono pieni zeppi di enigmi da risolvere di media difficoltà e che riescono a far sfruttare al giocatore il giusto quantitativo di intelligenza. Dobbiamo dire che sono uno spasso anche se purtroppo alla lunga, soprattutto in alcune fasi, potrebbero risultare ripetitivi. Essi ci consentono man mano di prendere confidenza con tutte le abilità speciali di Morte che vanno dallo sdoppiamento della sua anima all’ apertura di portali, da viaggi nel tempo all’utilizzo della sua pistola, a una specie di artiglio che ci permette di attirare nemici verso di noi, oggetti o noi verso determinati punti dello scenario durante le fasi platform. Queste abilità speciali come anche le skill possono essere attivate tramite il pulsante TAB, che richiama una specie di ruota contenente tutto ciò che abbiamo sbloccato e alcune di loro saranno molto utili anche durante i combattimenti. L’avventura all’interno di questi dungeon è sempre ben alternata e fa di Darksiders 2 uno degli action/adventure meglio sviluppati di sempre, oltre a riempirci di divertimento per tantissime ore. Infatti l’alternanza tra fasi platform, combattimenti, puzzle ambientali ed esplorazione in cerca di segreti è pressochè perfetta ed è forse l’unico motivo per il quale il gioco si fa veramente apprezzare, in mancanza di una trama particolarmente intrigante e deludente.

Riguardo le fasi di combattimento, in Darksiders 2 ci ritroveremo immersi in scontri con tantissime quantità e varietà di nemici (anche se forse non si supera la vetta del primo), scontri con boss piccoli ed enormi che di solito avvengono alla fine di ciascun dungeon e tantissimi miniboss. I problemi più grandi del gioco a nostro parere, oltre alla trama, risiedono nel bilanciamento del livello di sfida e nel loot. E’ vero che la difficoltà perlomeno a metà gioco sembra salire costantemente e in modo equilibrato, però verso i ¾ dell’avventura ci ritroviamo nettamente superiori ai nemici che andremo ad affrontare e con un altalenante livello di sfida soprattutto per quanto riguarda i boss, che rispetto a miniboss e ai normali nemici risultano nettamente più semplici da sconfiggere, dopo aver studiato i loro semplici ma vari pattern di attacco. Il problema del loot invece riguarda il fatto che la maggior parte delle volte riusciamo a guadagnare oggetti più potenti da semplici nemici,miniboss o aprendo dei forzieri, rispetto ai boss e veri e propri! Il gioco per le fasi di esplorazione ci mette a disposizione Disperazione, che rispetto al cavallo di Guerra è qui un componente essenziale per gli spostamenti in luoghi abbastanza lontani, visto che le zone sono ampiamente più grandi. Esso ha varie tacche per eseguire degli scatti e scompare sulla soglia dei dungeon, dove saremo costretti ad andare a piedi insieme a Polvere, che ha il compito di indicare la strada da seguire a Morte all’interno di questi livelli.

Un percorso semplicemente evocatico e superlativo condito da una serie di imperfezioni

Tecnicamente il prodotto Vigil Games è pieno di difetti cominciando dalla qualità delle texture veramente di basso livello, guardando gli standard attuali della concorrenza. Il motore grafico è lo stesso che muoveva il primo Darksiders, ma qui sembra dare maggiori problemi che in passato con eventi di tearing continui anche tenendo attivata la sincronia verticale e rari eventi di popup delle texture e bad clipping soprattutto nelle zone più aperte, dove lo sforzo di rendering e caricamento delle texture è ovviamente maggiore. Questi difetti sono dovuti alla nulla ottimizzazione su PC, che però dovrebbe arrivare tramite una patch in futuro. Non mancano poi rari bug o cali di framerate inspiegabili anche su macchine particolarmente potenti. La fisica viene gestita sempre dal motore Valve: l’ Havok, che è stato applicato soprattutto sui mostri e sugli oggetti distruttibili nei vari scenari come scatole ed anfore, rendendo il tutto molto realistico. E’ una goduria soprattutto vedere le ossa dei vari scheletri schizzare da tutte le parti quando vengono uccisi. Nonostante i vari difetti, Darksiders 2 presenta però degli ottimi modelli poligonali dei vari personaggi molto in stile fumetto, un affascinante character design ed un lavoro artistico veramente eccellente da parte dell’ex disegnatore Marvel Joe Madureira (fondatore di Vigil Games), che ha nuovamente dimostrato la sua straordinaria abilità nel creare luoghi unici, dalla toccante atmosfera, evocativi e soprattutto con una varietà a dir poco straordinaria, anche se qualche caduta di stile ogni tanto è presente. L’eccellenza dal punto di vista tecnico e strutturale va però al lavoro di level design con dungeon mai banali e scontati, ma invece sempre molto complessi dal punto di vista architettonico,bellissimi esteticamente e molto diversi tra loro. Passando al sonoro c’è da premiare l’ottimo compositore Jasper Kyd, visto che le sue musiche sono a tratti incantevoli e sempre perfettamente in contesto con l’azione. Buono il doppiaggio in italiano ma nulla di incredibile, visto che in certi momenti sembra mancare totalmente di entusiasmo e profondità rispetto alla situazione e agli stati d’animo presenti durante le cutscene o i dialoghi.

COMMENTO

Darksiders 2 è una perla per chi è amante degli action/adventure e vi divertirà per quasi tutte le 20/30 ore di durata complessiva, ma purtroppo a causa sopratutto di molte superficialità narrative e difetti tecnici non riesce ad arrivare nell’olimpo dei videogiochi d’avventura e a scavalcare il suo grande predecessore, rischiando persino di annoiarvi dopo una quindicina di ore. Il motivo per il quale vi affascinerà molto è la splendida direzione artistica veramente impeccabile e una miriade di dungeon, enigmi e combattimenti da affrontare: alcuni anche epici. La componente GDR è ben integrata nel titolo e riesce a dare quella profondità al gameplay che tanto mancava nella storia di Guerra, ma tanta carne al fuoco non riesce ad esaltare il giocatore davanti ad un livello di sfida tendente verso il basso e che rischia di farvi sentire un senso di stanchezza e di ripetitività ad una certa. Noi consigliamo questo titolo soprattutto a chi non è interessato ad una storia profonda, ma vuole giusto passare una ventina di ore in compagnia di uccisioni, sangue e per gran parte dell’avventura in compagnia di tanti enigmi su cui ragionare. Elementi con i quali divertirsi ci sono…ma il senso di tutto ciò?

Pro

  • Lavoro artistico e level design eccezionale
  • Gameplay migliorato
  • Longevità alle stelle

Contro

  • Trama superficiale, poco approfondita ed incompleta
  • Grafica sottotono e conversione PC quasi pietosa
  • Rischio ripetitività di fondo
  • Livello di sfida basso

VOTI

Qualità/Prezzo: 8.5

Trama/Narrativa: 6.5

Grafica: 7.5

Audio: 8

Gameplay: 9

Longevità: 8.5

Originalità: 8

Carisma: 8

VOTO GLOBALE: 8.5

Recensione Max Payne (PC)


Recensione a cura di Alessio “Coldworld” Alessandrini

La vendetta di un uomo caduto in un incubo pieno di dolore e sangue

“La vita mi sorrideva… Il sole al tramonto di una sera d’estate, l’odore dell’erba appena tagliata, le risate dei bambini che giocano. Una casettina nel New Jersey, al di là del fiume, una bella moglie e una bimba incantevole. Il sogno americano divenuto realtà. I sogni però possono trasformarsi in incubo senza il minimo preavviso… “

Fu nel lontano 25 Luglio 2001 che la serie del detective americano più famoso e tormentato del mondo parallelo a poligoni prese vita. Sviluppato dalla software house finlandese Remedy, pubblicato dalla scozzese Rockstar North e scritto da Sam Lake (scrittore e attore finlandese), Max Payne è diventato nel corso degli anni uno dei capisaldi del genere TPS (sparatutto in terza persona) più originali e amati dai videogamer di tutto il mondo. Max, ovviamente il protagonista della storia, è un detective del distretto di polizia di New York e una sera, tornato nella sua casa nel New Jersey, trovò sia sua moglie Michelle che sua figlia appena nata in un bagno di sangue, assassinate e massacrate. Da qui parte un lungo viaggio verso la verità e il mistero che si cela dietro questo duplice omicidio, che cambiò profondamente il carattere di Max, da una persona solare e felice e che aveva tutto ciò che poteva desiderare nella vita, ad una fredda, violenta e depressa, che in quell’istante aveva visto sciogliere tutti i suoi sogni davanti a sè, il suo Sogno Americano, avendo perso tutto ciò che più caro aveva al mondo. Questo incubo avvolto dall’oscurità lo porterà tra famiglie mafiose di New York, sette sataniche, incontri con criminali internazionali e organizzazioni segrete, nonchè misteri che verranno portati alla luce; in un viaggio psicologico che definire profondo è davvero dire poco. La narrativa e l’atmosfera Noir del gioco sono i punti fondamentali che rendono questo prodotto indimenticabile, unico, un videogame che definire tale è molto difficile, visto il fatto che sembra di essere immersi in un film thriller psicologico-riflessivo a tutti gli effetti. Le vicende di Max sono un metodo utilizzato da Remedy per trasmettere a tutto il mondo quanto sia difficile sopportare il dolore di una perdita importante e dalla quale non riusciremo forse mai a riprenderci del tutto, per trasmetterci anche che la vita può cambiare da un momento all’altro senza preavviso, e che potremo trasformarci in qualcosa che non avevamo mai pensato di poter diventare: in poche parole che la vita è imprevedibile e che esiste gente senza scrupoli, che non si preoccupa di rovinarcela per difendere i propri interessi. Il sistema narrativo utilizzato in Max Payne è stato una ventata di originalità e di novità nel mondo dei videogiochi in quel lontano 2001. Con lui è sbarcata nel mondo videoludico una narrazione fondata sul flashback, che va a ripercorre tutta la sua vicenda, deliziandoci durante il progresso della storyline, di tante frasi strutturate al passato, dandoci l’impressione e la sensazione di star leggendo un buon libro molto coinvolgente, e dove noi vestiamo i panni del protagonista oltre che del narratore. I video di intermezzo non sono realizzati ne con l’utilizzo di computer grafica ne con il motore grafico del gioco, ma bensì in stile fumetto Noir tutti disegnati molto bene, realizzati egregiamente e recitati in maniera perfetta dagli attori. La trama è divisa in ben tre parti suddivise a loro volta da dieci, sei e nove capitoli regalando così ai giocatori sulle 8 ore di durata complessiva, e garantendo quindi una longevità più che discreta, visto che stiamo parlando di uno sparatutto in terza persona molto concentrato sulla narrativa e con una storia che procede molto linearmente.

“Infuriava una vera tempesta di neve… piovevano proiettili di ghiaccio come se il cielo volesse vendicarsi della terra. Tutti cercavano un riparo, come se non ci fosse più un domani… “

Un’ altra particolarità del nostro carissimo Max è sicuramente il gameplay. Fino al 2001 l’introduzione del bullet time, visto in azione nel capolavoro dei fratelli Wachowski, Matrix, del 1999, nei videogiochi era soltanto un sogno. Questo sogno divenne realtà proprio grazie ai Remedy con Max Payne. Questa straordinaria invenzione (chiamata oggi anche slow motion), consiste nel rallentamento del tempo, dei movimenti e di ciascuna cosa presente su schermo compresi i proiettili. Max fa di questa tecnica il punto di forza del suo gameplay, e grazie ad esso riesce a resistere durante sparatorie altrimenti quasi impossibili da gestire normalmente. Il nostro protagonista si può controllare con una comodissima telecamera posizionata alle sue spalle, tipica dei TPS. Max può portare con se un gran numero di armi molto varie tra loro (dalle mitragliatrici ai fucili a pompa, dalle pistole beretta al fucile da cecchino, dalle armi più semplici come mazze da baseball e tubo di piombo alle granate e molotov). Alcune di esse, come le Beretta e le Ingram, possono essere utilizzate a doppia mano per avere una velocità e potenza di fuoco molto superiore. Il gioco fa della sua originalità il bellissimo, immediato e divertente mix tra armi da fuoco e utilizzo del bullet time. Quando potremo utilizzare quest’ultimo lo deciderà una clessidra posizionata sulla parte bassa a sinistra dell’interfaccia, che si ricaricherà man mano che uccideremo nemici. L’uso che va fatto del bullet time non deve essere abusato ma ragionato, perchè in molti casi, soprattutto alle difficoltà più estreme, ci potremo ritrovare in folle di nemici molto grandi ed esserne a corto. Lo stesso ragionamento và fatto per quanto riguarda gli antidolorifici, i quali rappresentano la nostra cura durante il gioco e si possono trovare tramite loot passando sopra i cadaveri dei nemici o dentro armadi e soprattutto bagni presenti lungo la nostra avventura. Le munizioni potranno essere raccolte nello stesso modo. Quando attiveremo il bullet time ci ritroveremo in una specie di distorsione temporale della realtà e il nostro detective preferito si tufferà nella direzione scelta dal giocatore. Bisogna stare sempre attenti a questo passaggio, riuscendo a far tuffare Max sempre dietro apposite coperture, così, appena terminato l’effetto del bullet time, che si esaurisce appena Max tocca terra o se esaurirà il caricatore della sua arma o semplicemente se la clessidra resterà vuota, si ritroverà fuori dal mirino nemico. Purtroppo, e questo è forse il difetto più grande dell’intero gioco, non ci è possibile sparare stando sdraiati, e questo conferisce agli avversari un grosso punto in più quando cadremo a terra, perchè inoltre Max è abbastanza lento a rialzarsi e loro hanno tutto il tempo che vogliono per farlo fuori.

Potreste ben pensare che l’utilizzo di questa tecnica sia banale e dia un ottimo punto in più a Max Payne durante gli scontri a fuoco, creando un livello di sfida basso e che rallenti anche il ritmo di gioco. Beh chi pensa questo sbaglia di gran lunga. Qui il sistema di danni è ultra-realistico, così da complicare molto la vita al nostro caro Max. Infatti tutte le armi hanno un loro proprio sistema dei danni: un colpo ravvicinato di fucile a pompa potrebbe causare la diminuzione della salute di Max di almeno 3/4, così da far aumentare il colore rosso sulla sua immagine in basso a sinistra (che indica il nostro livello di salute), e inoltre la classidra si scarica molto velocemente se facciamo un uso eccessivo di bullet time! Dobbiamo quindi stare molto attenti ai nemici che abbiamo davanti ed eliminare per primi sempre quelli che possiedono armi più pericolose e che infliggono gravi danni. Visto questi pericoli però, e grazie ad una intelligenza artificiale davvero ben sviluppata dei nemici, il gioco ci costringe ad un abuso di bullet time eccessivo in quasi tutti gli scontri, cosi da rendere il ritmo di gioco magari si un po’ più lento in molti frangenti, ma che regala spettacolarità, frenesia e taglio cinematografico incredibile all’intera produzione firmata Remedy. Un’altra cosa che distinse Max Payne inoltre è sicuramente l’interazione ambientale. In questo gioco siamo liberi di interagire con moltissimi oggetti come la maggior parte degli armadietti, televisori, radio, distributori, letti “vibratori” (dai chi non si è mai divertito ad accenderli!!!) e cose simili.

Avendo il fucile di precisione inoltre possiamo “interagire” con vari oggetti quando ci sarà bisogno di colpire qualcosa di importante per il proseguo della storyline. Un difetto facilmente riscontrabile è la ripetitività di fondo che si sente dopo alcune ore di gioco, perchè se ci facciamo caso alla fine è un gioco in cui il gameplay è fondato tutto su questo mix bullet time/armi da fuoco e massacri di nemici. Però oltre a questo, Max Payne regala un comparto narrativo ed una trama che ci guiderà fino in fondo alla sua storia con felicità ed emozioni molto forti che cancellaranno qualsiasi difetto riscontrabile, mascherandoli e dissolvendoli fino all’ultimo. Il level design degli ambienti è abbastanza lineare però a volte ci sono alcuni bivii, soprattutto durante le esplorazioni di appartamenti dove è facile a volte perdersi per qualche minuto prima di ritrovare la giusta strada. Ad arricchire il gameplay inoltre ci sono piccolissime e semplicissime fasi di “puzzle ambientale”, che definire così è un insulto ai veri giochi puzzle e inoltre le stupende fasi dove Max è immerso nei suoi incubi, le quali sono giocabili e non saremo solo spettatori. Questa è un altra particolarità del gioco.

Rivoluzione ma con qualche piccolo affanno…

Dal punto di vista tecnico il lavoro Remedy si presenta davvero molto bene, ma con alti e bassi. Lo sviluppatore per muovere tutto ciò che si vede su schermo ha utilizzato un motore grafico proprietario chiamato MaxFX, da utilizzare esclusivamete per la serie di Max Payne. Esso permette un dettaglio delle texture davvero incredibile (per l’epoca) per definizione e pulizia ambientale, ma la stessa cura non si può dire che è stata applicata sul lavoro di texturizzazione dei modelli poligonali dei personaggi. La povertà di poligoni sui volti sia di Max che dei suoi nemici è proprio evidente, e non permette neanche l’introduzione delle espressioni facciali, infatti sia Max che personaggi secondari e primari sono stati forniti soltanto di una texture “stampata” che riporta sempre la stessa espressione (il viso di Max è stato ripreso da quello del suo creatore, Sam Lake, perchè purtroppo questo prodotto è stato sviluppato con un budget molto basso, che non permetteva a Remedy di ingaggiare attori professionisti). Da lodare anche il lavoro fatto per la varietà dei volti dei nemici, che per un gioco del 2001 è più che buona, anche se qualcuno ha avuto meno dedizione rispetto agli altri presentando un volto sbiadito e non ben definito. Riguardo le texture ambientali, tutte le strutture, l’architettonica, ambienti al chiuso e cosi via sono stati prodotti con cura maniacale sfiorando il fotorealismo, ma non abbiamo notato la stessa cura nella definizione dei terreni innevati davvero texturizzati in bassissima risoluzione e la stessa cosa vale per gli oggetti. Le animazioni del corpo e il ragdoll invece sono tra le cose riuscite meglio dell’intero comparto tecnico. I movimenti di Max sono realistici, come anche quelli degli altri personaggi e il ragdoll gestito dal motore fisico di gioco è a dir poco sorprendente. Tutti gli avversari muoiono in modo molto credibile come si è visto in davvero pochissimi prodotti e tutto ciò riesce ad incrementare il nostro divertimento e il carisma durante gli scontri a fuoco. Riguardo al motore fisico, che non è dedicato ma fa parte del motore grafico in questo caso, il gioco ci permette di distruggere soltanto barili di benzina e cose simili quindi niente di particolarmente eccellente sul fatto dell’interazione ambientale in questo senso.

Dal punto di vista degli effetti particellari Max Payne eccelle, grazie a esplosioni ben realizzate. La vera innovazione però dal punto di vista visivo Max la dimostra proprio durante la vera innovazione per quanto riguarda il gameplay: il bullet time. Quando il tempo rallenta riusciamo a notare degli effetti del fuoco uscente dalle nostre armi senza rivali e soprattutto i proiettili che lentamente cercano di raggiungerci, proprio come si vedeva nel film Matrix. Tutto dà spettacolarizzazione alla scena e dobbiamo dire che il motore fisico esegue un ottimo lavoro anche sulla fisica dei proiettili. Come varietà tra le ambientazioni, abbiamo già detto che l’intera vicenda si svolge a New York, nei quartieri più pericolosi (che oltretutto i ragazzi di Remedy hanno persino fotografato dal vivo per riportarli fedelmente nel mondo virtuale di Max). Avremo locazioni che variano dalla metropolitana, a hotel, a discoteche, al porto su una nave, a ville, quartieri poveri, a palazzi giganteschi tipici di New York, con un atmosfera che tende sempre al noir con una neve e soprattutto la notte, che sarà sempre fissa durante il gioco, che ci regalerà belle sensazioni durante tutto l’arco del gameplay.

Musica per le mie orecchie..

Passando al sonoro, il doppiaggio di tutti i personaggi, ma soprattutto quello di Max Payne, affidato a Giorgio Melazzi, sono incredibilmente adatti alla perfezione con i vari personaggi, e riescono a dare un anima al loro personaggio con una recitazione fuori dalle righe, con giusto pathos dipendente dalle varie situazioni. A tutto ciò si aggiunge un ottimo lavoro sia sugli eccezionali effetti sonori (ogni arma, esplosione, rumore prodotto da un determinato oggetto, perfino una lattina che scende sul pavimento dopo aver attivato un distributore è riprodotto in modo eccellente), che una colonna sonora d’eccezione, con musiche sempre adattissime e idonee al contesto in cui ci si trova su schermo. Inoltre la main track del menù è diventata storia tra i videogiocatori ed è unica e riconoscibile all’istante dai grandi fan, e questo sia perchè è un gioco di successo, ma soprattutto perchè è un pezzo che contiene tutta l’essenza e il carattere tormentato di Max, oltre allo stile noir del prodotto.

“E allora tutto ebbe fine. La tempesta sembrava aver perso forza. Le nubi lasciavano intravedere le stelle. Era come essere un po’ più vicini al paradiso. “

Inutile scrivere un commento finale…sapete bene cosa rappresenta Max Payne nel mondo videoludico ancora tuttora. Questo gioco è pieno, colmo di messaggi vitali per noi giocatori, messaggi che possono servirci nella vita reale. E’ un opera profonda, un capolavoro che deve essere nella vostra collezione senza esitazioni, perchè se non avete giocato ad un gioco simile, se non avete vissuto le emozioni e le sensazioni, il senso di vendetta che affiora nell’animo di Max, vi siete persi sicuramente un qualcosa di unico che si vede molto poco nei giochi della nostra generazione. Lasciate perdere sparatutto inutili privi di trama (il vero parametro che dovrebbe risiedere in qualsiasi creazione videoludica), abbandonate la vita reale per qualche ora e dedicatevi ad emozionarvi con il Re del Noir videoludico: meglio di un libro, più emozionante di un film, un opera d’arte che una delle migliori software house globali ci ha regalato e alla quale resteremo affezionati per sempre, nonostante i piccoli difetti di contorno che non minano assolutamente un esperienza ludica unica e senza pari. Ottimo lavoro Remedy.

GIUDIZI

Pro

– Trama, narrativa e atmosfera coinvolgenti

– Realizzazione tecnica d’eccezione…

– Gameplay assolutamente innovativo, immediato e divertente..

– Bullet time

– Caratterizzazione personaggi

– Sonoro e doppiaggio di qualità

Contro

– …ma modelli poligonali poco dettagliati

– …a parte qualhe piccola sbavatura con l’utilizzo del bullet time

– Si sente una leggerissima ripetitività di fondo

QUALITA’/PREZZO: 10

TRAMA/NARRATIVA: 10

GRAFICA: 9.4

AUDIO: 9.8

GAMEPLAY: 9.5

LONGEVITA’: 8.5

ORIGINALITA’: 10

CARISMA: 9.5

VOTO: 9.8/10

Recensione Street Fighter X Tekken (PC)


Recensione a cura di Alessio “Coldworld” Alessandrini

Botte da orbi anche su computer!

Il 9 Marzo 2012 uscì la versione console del nuovissimo picchiaduro di Capcom con la collaborazione di Namco: Street Fighter X Tekken. Un titolo che unisce i mondi dei due picchiaduro giapponesi più famosi di sempre in un unico videogame con uno stile di gioco basato però su quello dei vari Street Fighter cioè bidimensionale ma, come già visto in Street Fighter IV, con personaggi e ambienti tridimensionali realizzati con un pregevole ed impeccabile utilizzo del cell shading la cui bellezza possiamo notarla e gustarla soprattutto durante le varie scene di intermezzo e combo spettacolari.

Street Fighter e Tekken…coppia vincente!

Questo progetto consiste nell’implementare dentro alle ambientazioni e al gameplay dello storico titolo Capcom, i personaggi dei vari Tekken con le loro tecniche di combattimento personali quindi ci ritroviamo a controllare un Heihachi Mishima o una Nina Williams (per esempio) con un gameplay bidimensionale in linea retta ad arena chiusa con barra EX divisa in tre slot agli angoli in basso dello schermo. Questa barra si ricarica ogni volta che colpiamo l’avversario e ci permette di utilizzare combo super ed ultra combo di un personaggio, utilizzando sei tasti del pad (tre per i pugni e tre per i calci che variano da quello più debole a quello più forte) con i quali possiamo eseguire mosse normali e combo speciali. Inoltre qui, come in Tekken, abbiamo la possibilità di giocare con due personaggi interscambiabili tra loro (Switching), fare lo scambio tra i due personaggi dopo un colpo particolarmente violento in modo che il personaggio successivo può continuare la combo iniziata dal primo (Launchers), continuare una combo durante lo scambio dei personaggi dando vita a combo più lunghe e complesse rispetto al Launchers (Cross Rush), eseguire una mossa combinata utilizzando tutti e due i personaggi insieme o in sequenza dove entrambi i nostri alter ego eseguiranno le loro mosse migliori o mosse “super” (Cross Arts), far entrare il secondo personaggio accanto al primo contro un singolo avversario rimanendo così in superiorità numerica per un breve lasso di tempo (Cross Assault). Infine c’è la possibilità di attivare la Pandora Mode, la quale può essere attivata soltanto quando la salute di almeno uno dei due personaggi che controlliamo è scesa sotto il 25%, essa permette di sacrificare il nostro partner di squadra ottenendo una potenza maggiore ed una barra EX illimitata per qualche secondo. Una novità di Street Fighter X Tekken è il sistema delle Gem Unit le quali ci permettono di avere dei vantaggi durante i nostri scontri sia in single che in multiplayer. Esistono gemme di diversi colori ed ognuna ha una specifica funzione come per esempio una maggiore difesa, maggiore velocità o incremento dei danni. Possono essere considerati dei bonus temporanei che il gioco ci offre durante uno scontro quando noi soddisfaremo dei determinati requisiti. Un difetto riguardo il gameplay di Street Fighter X Tekken è la ripetitività ed è una cosa normale in questo genere di giochi. Qui possiamo trovare il divertimento soprattutto negli scontri tra amici perché quelli contro l’intelligenza artificiale alla lunga portano a noia. La presenza di ben trentotto personaggi però incrementa di molto la longevità del gioco perché ci verrà voglia di provarli fino all’ultimo viste le tante combo e tecniche che differiscono da personaggio a personaggio solo che una volta provati tutti in single player ci rimarrà ben poco da fare. L’audio vanta belle musiche che variano tra il rock e l’elettronica ma alla lunga risultano ripetitive visto il numero ridotto di brani.

Versione PC…era così necessaria?

Il 14 Maggio è arrivata nei migliori negozi anche la versione Pc, che per questo tipo di giochi è una rarità visto che il sistema di controllo da ottimizzare su tastiera è sempre un dramma del genere da sempre. Sempre da Capcom anni fa abbiamo ricevuto quel capolavoro che è stato Devil May Cry 4 il quale, su computer, era ottimizzato benissimo per quanto concerne il motore grafico di gioco però lasciò a desiderare sul lato della giocabilità, che su tastiera rimase dannatamente scomoda soprattutto quando si trattava di eseguire combo molto articolate e complesse dal punto di vista dei tasti da premere, perché in alcune occasioni erano veramente tanti. Perché facciamo questo paragone tra due giochi quasi completamente diversi? Questo perché purtroppo (e credo che ce lo aspettavamo in tanti, NdR) Street Fighter X Tekken soffre dello stesso identico problema! Giocarlo su tastiera è un impresa quasi impossibile con i quasi dieci tasti e le varie combinazioni tra essi che il gioco richiede! Non è stata eseguita nessuna ottimizzazione per renderci più semplici le cose e tante combo e mosse speciali, a noi giocatori Pc, resteranno sconosciute o quasi, se non si dispone di un buon joypad. Ciò che non è stato apportato sul fattore giocabilità però è stato apportato almeno sulla resa grafica del gioco, soprattutto in termini di risoluzione video che ora si può portare fino ai 1080p (1920×1080), sull’inserimento del filtro che va a correggere tutti gli errori di tearing (linee orizzontali che compaiono su schermo durante gli spostamenti della visuale molto brutte da vedere) che adesso si notano soltanto durante le varie cutscenes e la possibilità di sfruttare il filtro l’antialiasing per una maggiore pulizia dell’immagine. Sotto questo aspetto possiamo essere soddisfatti per l’ottimizzazione fatta, perché la resa grafica del gioco è stupefacente, i personaggi molto ben dettagliati e definiti, gli ambienti di gioco belli anche se mancano un po’ di varietà e non vantano texture eccellenti rispetto al dettaglio riposto sui modelli poligonali in cel-shading dei personaggi, tutti molto curati e fedeli alle due serie. Se c’è una cosa brutta da dover vedere in questo gioco sono tutte le persone che compaiono nei fondali ed animali, come per esempio i dinosauri, che sono mossi da animazioni pessime e ripetitive e – soprattutto per gli umani – non vantano buone texture! E’ un dettaglio trascurabile però, che si poteva fare a meno di inserire o almeno lavorarci meglio. Su Pc inoltre è stato aggiunto uno strumento per testare i nostri requisiti hardware con le varie configurazioni video del gioco, il quale rimane sempre molto stabile sopra i 60 fps anche con configurazioni non molto recenti, visto che su schermo non ci sono molti effetti da mostrare e poligoni da muovere. Il gioco supporta anche 3D Vision per chi possiede schede recenti Nvidia (dalla serie GT 400 in poi) quindi può gustarsi gli scontri con una visuale stereoscopica possedendo ovviamente anche un monitor 3D però non supporta le Directx 11. Per il DRM si appoggia a Games For Windows Live tramite il quale potremo tuffarci in scontri online contro giocatori di tutto il mondo e scalare la classifica mondiale.

No Joypad No Party

La versione Pc di Street Fighter X Tekken, in poche parole, rimane identica e godibile alla sua controparte su console a patto di possedere un joypad, meglio più di uno per ospitare scontri con gli amici, e rimane un ottimo passatempo quando si ha voglia di divertirsi e pensare poco a storie profonde e gameplay molto complessi. E’ una boccata d’aria fresca e spensieratezza, un picchiaduro molto completo e con tantissimi personaggi tra cui scegliere e tante tecniche e combo da provare. Inoltre, su computer, possiamo godercelo con una grafica nettamente migliore in fatto di risoluzione e pulizia dell’immagine anche se piccole imperfezioni poco importanti restano. L’unica nota negativa alla versione Pc è che se ne poteva fare benissimo a meno, visto che le uniche migliorie sono avvenute sul lato tecnico del gioco e la tastiera è stata sfruttata molto male, quindi il nostro consiglio è di acquistarlo assolutamente se volete ore ed ore di divertimento nelle serate con gli amici. L’acquisto su Pc è consigliato soltanto se possedete un joypad, giocate solo con il computer e non potete fare a meno di un picchiaduro, altrimenti puntate senza nemmeno pensarci sulla versione console.

GIUDIZI

Pro

-Ben ottimizzato sul fronte visivo…

-Character Design e utilizzo del cell shading di alto livello

-Divertente se giocato con joypad ed amici..

-Gameplay originale sotto alcuni aspetti

-Tante mosse e combo da provare

Contro

Sistema di controllo su tastiera per nulla ispirato

-Meno divertente in solitaria

-Qualche imperfezione nei fondali di gioco

QUALITA’/PREZZO: 8

TRAMA/NARRATIVA: N/A

GRAFICA: 9.2

AUDIO: 8

GAMEPLAY: 8

LONGEVITA’: 8

ORIGINALITA’: 9

CARISMA: 8

VOTO: 8.5/10

Recensione Crysis (PC)


Recensione a cura di  Alessio “Coldworld” Alessandrini

RECENSIONE CRYSIS (VERSIONE PC)

CRYTEK…UN PO’ DI STORIA…

Crytek, sviluppatore tedesco che nel 2004 ha dato alla luce quel piacevole e interessante Far Cry ricordato soprattutto per quella sua innovativa ambientazione calda e tropicale ricca di vegetazione e panorami da togliere il fiato. Chi non è mai rimasto a fissare per almeno qualche minuto quell acqua incantevole da sopra una scogliera o una montagna e vedere l’estrema bellezza dei suoi panorami da cartolina arricchiti da quell uso di pixel shader 3.0 che in quel lontano 2004 era una novità? Sono ricordi che nella mente di un videogiocatore rimangono impressi! Ma il debutto nel mondo videoludico dello sviluppatore tedesco anche se brillando sotto l’aspetto tecnico,grazie anche al loro ottimo engine grafico sviluppato in casa cioè il CryEngine, non brillò nello stesso modo dal punto di vista del gameplay e della trama presentando poca originalità.Oggi,nel 2007, i ragazzi di Crytek tornano nuovamente a riempire gli scaffali dei negozi con il loro secondo grandissimo lavoro intitolato Crysis, titolo dal promettentissimo gameplay innovativo ed originale distribuito da Electronics Arts che ora andremo molto dettagliatamente ad analizzare.

VERSO LE ISOLE LINGSHAN…

Agosto 2020,una squadra delle forze speciali americane, chiamata anche “Squadra Raptor”, è in viaggio su un VTOL verso una delle Isole Lingshan nel Mar delle Filippine per ritrovare alcuni archeologi compatrioti rapiti dai soldati nordcoreani dell’EPC capitanati dal generale Kyong e per scoprire il motivo di questo rapimento. Il gioco ci mette al comando di Nomad,secondo per grado al comando del team dopo Prophet, e già da subito è meraviglioso notare come la trama e la sceneggiatura siano in grado di mettere il giocatore davanti al mistero,sensazione che rimane tale e forte per tutta la durata dell avventura.L’argomento principale della trama riguarda un importante scoperta di vita aliena sulla Terra antecedente all’uomo rinvenuta nel sottosuolo di una delle Isole Lingshan che risvegliata da quest’ultimo cerca di riconquistare il pianeta.Verremo catapultati in una vera e propria storia di fantascienza che non ha niente da invidiare alle più famose sceneggiature hollywoodiane anche se manca un po di profondità e c’è una caratterizzazione dei vari personaggi quasi assente ma si sa che da un FPS non ci si può aspettare un grandissimo capolavoro sotto questo aspetto.La trama di gioco si può dividere in due parti:una prima parte molto più lenta dove gli eventi vengono narrati con pause molto più lunghe,ci sono mappe molto più grandi da esplorare e si sente di avere una libertà d’azione infinita avendo la possibilità di andare dove si vuole che sia in un alta montagna o in mare a farsi un giro in barca,prendere tantissimi mezzi dalla barca già citata alle jeep con tanto di mitragliatrici a bordo,normali furgoncini e arrivare a guidare dei grandi camion e carriarmati.Inoltre ci sono più approcci per svolgere le missioni:dalla modalità stealth per i più pazienti che vogliono fare un lavoro più pulito e preciso al cecchino e finire con il DISTRUGGI TUTTO per esempio schiantandosi con una jeep in piena potenza su una postazione nemica e far saltare tutto in aria o fiondarsi sulla massa usando lanciamissili e mitragliatrici,lanciare oggetti sui nemici come barili,casse,oggetti in metallo e ferro,persino bottiglie d’acqua o bicchieri raccolti nelle postazioni nemiche,gomme delle macchine e quant’altro! Con tutto questo si possono riassumere le prime 4/5 ore di gioco con una sola parola: LIBERTA’ e direi che sia la parte per la quale si può inserire Crysis nella categoria degli FPS free roaming (visto che è possibile raggiungere qualsiasi parte della mappa) oltre che la parte “meno seria” del prodotto dove si pensa più al divertimento che alla vera missione da compiere! Dopo questa prima spassosissima parte iniziale di gioco avviene una specie di enorme divisione,una linea che separa la libertà e il free roaming dalla linearità più assoluta alla Call of Duty ed essa è rappresentata da questa enorme nave aliena rinvenuta sotto la montagna principale dell isola dove noi saremo costretti ad avventurarci più o meno a metà gioco.E’ da precisare che però,a differenza di un Call Of Duty,Crysis da quel punto in poi è capace di regalare molte emozioni perchè la trama accellera in un modo vertiginoso ed è in grado di darci momenti spettacolari come un vero film fantascientifico che si rispetti.Ammetto che non siamo per nulla vicini a quel grandioso Mass Effect di Bioware in cui la trama e i personaggi sono curati fin nei minimi dettagli però dobbiamo apprezzare l’ottimo lavoro che crytek ha cercato di fare e che ha dato risultati poco discutibili.Dalla missione all’interno di questa nave aliena in poi però si risente un pò della mancanza degli spazi aperti iniziali sentendosi troppo chiusi e obbligati a seguire una linea di gioco ben precisa seguendo dei nostri alleati o difendendoli dai nemici alieni,missioni a bordo di jeep in cui noi dovremo soltanto sparare a colpi di mitragliatrice verso nemici che ci inseguiranno,difendere una determinata zona mentre un nostro alleato cerca di aiutare qualcuno o scappare da un gigantesco nemico che ci corre dietro e lineariamente arrivare in una determinata zona nella quale abbatterlo facendoci aiutare dai nostri alleati per non parlare della super linearissima missione alla guida del VTOL che si è molto carina visivamente però per niente entusiasmante viste le poche unità di nemici che ci inseguiranno e che sarà facilissimo abbatterle quindi l ho trovata abbastanza inutile e più che altro utile soltanto per allungare la non eccelsa longevità del single player che oscilla appena tra le 8 e le 10 ore giocato a difficoltà normale. Direi che però sono 10 ore di qualità più che discreta che vengono riempite da belle scene cinematografiche di buon spessore e tanta adrenalinica azione.

….TIPOLOGIA DI MISSIONI….

Nel corso del gioco possiamo trovare sia missioni primarie che secondarie che si attivano in modo linearissimo.Nella prima metà di gioco le principali vertono più che altro sul salvataggio dell equipe di Rosenthal e scoprire ciò che è successo su quell isola mentre l’altra metà si concentra sulla fuga.Le missioni principali mi sono sembrate molto piacevoli ed interessanti mentre le secondarie di una ripetitività assurda come il distruggere i vari disturbatori GPS che intralciavano il nostro segnale o recuperare vari dati da postazioni nemiche dai vari computer ma comunque divertono perchè magari dobbiamo fare strage di nemici nei più svariati modi!

…LA NANOTUTA…

Quale è l’elemento che distingue Crysis da qualunque altro FPS? La nanotuta,la vera protagonista del gioco. Essa svolge 4 funzioni:la prima è quella di rinforzare la nostra difesa quindi la modalità corazza che non sfrutta energia e ci permette di subire meno danni;la seconda ci permette di essere più agili e veloci per scappare durante un combattimento che diventa pericoloso,schivare colpi,sorprendere un nemico un po lontano o comunque muoversi più velocemente sull isola quando si è privi di mezzo e bisogna percorrere lunghe distanze;la terza ci da più forza ed è in grado di farci saltare più in alto quando magari ci sono cascate da scalare o altezze troppo alte da raggiungere,saltare ad esempio su baracche dei nemici per agire in modalità stealth dall alto e sorprenderli alle spalle;l ultima modalità che è quella d’occultamento serve per renderci invisibili agli occhi dei nemici e agire esclusivamente in modalità stealth però proprio qui ho trovato un difetto: quando si usa la modalità occultamento davanti ai nemici loro riescono sempre a vederci anche essendo invisibili e ci sparano contro.Essa funziona soltanto quando la attiviamo dietro un nascondiglio però anche in questo caso ho notato che magari passando a qualche metro dai nemici loro riescono lo stesso a vederci e ad attaccarci anche se non li tocchiamo ed è un problema abbastanza grave perchè fa parte del gameplay centrale del gioco.

…EQUIPAGGIAMENTO…

Le armi messe a nostra disposizione dal gioco non sono moltissime.In tutto sono 14 tra le quali ci sono 3 tipi di bombe (frammentazione,flashbang e fumogene) e un arma di proprietà aliena che sarebbe un accelleratore di particelle che spara frammenti di ghiaccio. Un arma importante poi è il cannone TUC,un arma che spara testate nucleari in miniatura.Tra le armi rimanenti abbiamo pistole,fucile da cecchino,mitragliatrici,lanciamissili,esplosivi,fucile a pompa e un fucile chiamato Gauss che utilizza l’accellerazione elettromagnetica e spara proiettili alla velocità della luce.La maggior parte di queste armi si possono personalizzare scegliendo tra vari innesti come silenziatore,torcia,laser e tipo di mirino e modalità raffica o colpo singolo.

…UMANI PIU’ INTELLIGENTI DEGLI ALIENI?…

Ora passiamo al discorso dell’IA dei nemici.Da questo punto di vista gli umani delle truppe nordcoreane mi sono sembrati di gran lunga più intelligenti in confronto alla razza aliena.Gli umani vedendo il pericolo si nascondono dietro appositi nascondigli per non farsi vedere e ognuno di loro pensa a una strategia per prenderci di sorpresa e ucciderci,cercano di attaccarci anche in gruppo e quando rimangono in pochi chiamano persino rinforzi da accampamenti nelle vicinanze o elicotteri per avere una migliore visuale e supporto dall’alto.A volte rimangono però alcuni soldati immobilizzati o lontani dall’azione.Per quanto riguarda gli alieni invece mi sono sembrati piuttosto semplici da abbattere non avendo una sviluppatissima IA.Per esempio alcuni vedendoci sparare continuavano semplicemente e tranquillamente a fluttuare per la loro direzione e fare finta di niente,altri proprio non attacavano e stavano fermi,quelli più grandi mi è sembrato quasi che non avevano nessuna intelligenza artificiale ma erano li per bellezza soltanto per farsi uccidere da noi.Per quanto riguarda l’IA degli alleati in alcune parti è buona ma in altre si presenta deficitaria:ad esempio mi è capitato di vedere un soldato sparare a degli alieni lontanissimi con un fucile a pompa che serve per gli attacchi ravvicinati.

UN’ ISOLA TROPPO BELLA PER ESSERE VERA…MI TROVO IN PARADISO?

Se qualcosa di discutibile sul lato narrativo e di gameplay c’è la stessa cosa non si può di certo dire riguardo la realizzazione tecnica e artistica di Crysis. Bè qui ragazzi siamo davvero davanti a un’eccellenza di pregiata qualità.Il motore grafico Cryengine 2 ha apportato tantissimi miglioramenti grafici e fisici supportando anche shader model 4 e directx 10 creando così il primo motore grafico in grado di utilizzare queste nuove tecnologie e il risultato è un aspetto grafico degno di nota,un isola in cui vedremo una vegetazione molto varia e rigogliosa caratterizzata da texture in altissima risoluzione e definizione dal colpo d’occhio incredibile,un acqua in cui è difficile non volersi tuffare con movimenti delle onde molto realistici e un fotorealismo a dir poco eccezionale.Molto dettagliate anche le postazioni nemiche dei nordcoreani anche se andando avanti nel gioco ci accorgeremo di una certa ripetitività magari di alcuni edifici ma roba di poca importanza.La nostra isola inoltre è caratterizzata da tante cascate,panorami naturali che ti lasciano il segno per non parlare dei tramonti che sono forse una delle cose più emozionanti dell’intero gioco anche grazie ad un’illuminazione HDR molto ben curata e ci ritroveremo spesso su un alta montagna a fissarlo per minuti o in riva al mare con tutto quel bellissimo riflesso arancione sulle onde.Molto belli artisticamente parlando anche gli alieni vantando un altissimo dettaglio e dei bei colori anche se come modelli sono poco vari fra loro. Nel gioco ne incontreremo appena 4 o 5 tipi.La palette cromatica è perfetta sia negli spazi chiusi che aperti. I modelli poligonali dei personaggi sono stupendi e le mimiche facciali sono sorprendenti realizzate grazie ad un utilizzo del motion capture perfetto! Il gioco è inoltre pieno di esplosioni ed effetti particellari incredibili e di fumi molto densi e volumetrici davvero molto simili alla realtà.Parlando di fisica siamo a livelli che finora erano davvero inesplorati. Il cryengine 2 ci permette di distruggere completamente quasi ogni oggetto sullo scenario di gioco: le baracche esplodono completamente e si distruggono dopo vari colpi di mitragliatrice o all’esplodere di una granata,i barili di benzina esplodono come anche i mezzi (persino se spariamo su una ruota una macchina può fare un grave incidente e rotolarsi ovunque),torrette di guardia,barche e tant’altro,le bellissime palme possono essere sradicate,oggetti come casse di legno totalmente distrutte.Ci troviamo in un ambiente totalmente dinamico.Il ragdoll anche è estremamente ben curato quindi quando un nemico (umano) morirà potremo girarlo come vogliamo e le animazioni sono davvero molto credibili. L’ambiente di gioco anche è abbastanza ricco di particolari come una buona quantità di fauna e il bello è che persino gli animali si possono lanciare ovunque. Insomma l’interazione con l’ambiente circostante è una delle qualità più gradite di Crysis oltre ad avere una certa importanza nel gameplay.Ed eccoci arrivati a parlare del primo difetto di Crysis: La pesantezza del motore grafico.Tutto questo splendore fisico e grafico purtroppo richiede anche un pc avanzatissimo e non fidatevi delle richieste hardware raccomandate da crytek perchè avrete bisogno di una vera macchina da guerra per farlo funzionare con un framerate decente che neanche le più moderne schede video riescono a dargli a parte negli spazi chiusi che ovviamente sono più leggeri da gestire.Purtroppo ci sono tantissime cose su schermo in altissima risoluzione e mappe a volte molte grandi quindi il framerate ne soffrirà però avendo un buon pc di fascia medio-alta vi darà sicuramente delle grandissime soddisfazioni.Un secondo difetto che ho riscontrato è qualche compenetrazione tra poligoni e mi è capitato di vedere alcune rocce con texture in bassa risoluzione.L’audio è di buon livello:ci sono tantissimi effetti ambientali (ogni oggetto per esempio ha un proprio suono cadendo a terra) e il doppiaggio è di ottima fattura.

…RIGIOCABILITA’…

Il gioco si fa rigiocare magari nella prima metà per provare nuove modalità di uccisione, approccio con le varie missioni e per la libertà di azione data al giocatore. Per il resto la rigiocabilità del titolo resta a zero visto che la seconda parte di gioco è molto lineare.

COMMENTO FINALE

Crysis è un gioco che un appassionato di FPS deve assolutamente avere nella sua collezione personale perchè non è il solito sparatutto per un momento di sfogo o di divertimento ma offre anche una buona storia che appassionerà ciascun amante di fantascienza e di storie originali anche non avendo quella profondità che tanto si sarebbe voluta in questo titolo proseguendo passo dopo passo con la trama.Offre una grafica semplicemente pazzesca seppur costosa in termini di hardware,un ambientazione e un atmosfera originale e un gameplay divertente seppur un po smorzato nella seconda parte di gioco da un eccessiva linearità.A parte questi piccoli difetti Crytek ha mantenute le sue promesse regalando un titolo quasi ecellente quindi godetevi fino in fondo questo gioco perchè ne uscirete più che soddisfatti con un finale che trasmette epicità.

GIUDIZI

Pro

– Motore grafico e fisico puntano al puro realismo…

– Gameplay innovativo e divertente…

– La Nanotuta

– Ambientazioni e panorami

– Atmosfera fantascientifica di buon livello…

– Finale grandioso ed epico!

Contro

– ma richiedono un hardware di alto livello per essere sfruttati al massimo

– ma eccessivamente lineare nella seconda parte della storyline..

– ma la trama e la caratterizzazione dei personaggi potevano essere più approfondite

– IA altalenante (soprattutto per alieni e alleati)

Modalità occultamento con qualche problema

– Abbastanza breve

QUALITA’/PREZZO: 9

TRAMA/NARRATIVA: 7,5

GRAFICA: 9.8

GAMEPLAY: 9

AUDIO: 8,5

LONGEVITA’: 7,5

ORIGINALITA’: 9

CARISMA: 8,8

VOTO: 8,9/10


Ghost Recon: Future Soldier


Recensione a cura di Antonio “Untold” Mennillo

Ghost, un’entità rimasta per vendicare, aiutare o punire i vivi

Ghost Recon: Future Soldier è uno sparatutto in terza persona sviluppato da Ubisoft e disponibile per tutte le piattaforme di gioco in alta definizione (Xbox 360, Playstation 3, Pc Windows). Approdato sugli scaffali da qualche giorno, l’ennesimo binomio tra un videogioco e la vulcanica mente di Tom Clancy – celebre scrittore di fantapolitica – si rinnova nella speranza di svecchiare un titolo che, alla sua quinta apparizione ufficiale, rischia di somigliare tanto, troppo, ai suoi illustri predecessori.

Ubisoft fa le cose in grande!

Il quinto titolo della saga Ghost Recon (espansioni escluse) questa volta ci immerge in un nuovo conflitto, mettendoci nei panni di un’unità speciale Ghost delle forze ultranazionaliste, in un gioco tra lo stealth e lo sparatutto in terza persona (Tps, in gergo). Ancora una volta il Tps di Ubisoft fa da padrone su questo campo offrendoci oltre a un gameplay fluido, un ottima livello di dettaglio del nostro alter-ego facendoci vedere ogni parte del nostro equipaggiamento. Una delle caratteristiche che ci ha colpito e incuriosito è il sottotitolo “Future Soldier”, infatti nel gioco è inserita una buona dose di “futuro prossimo”. Già dopo i primi dieci minuti di gioco ci accorgiamo del nuovo arsenale militare, come i Sensori, ovvero degli oggetti da lanciare che ci daranno il pieno controllo della situazione, permettendoci di vedere quanti nemici ci sono nei pressi e anche con quali equipaggiamenti essi ci affrontano, oppure gli ologrammi in giro per le città o i vari oggetti presenti nel nostro vestiario. Questo tipo di tecnologie sono già state teorizzate nel mondo reale, prima dell’uscita del gioco, quindi potremmo ben presto avere riscontro sulla realtà di ciò che ci offre questo titolo.

Un altro ottimo punto a favore del nuovo Ghost Recon: Future Soldier è la possibilità di interazione con qualsiasi oggetto: infatti potremmo far esplodere i barili di petrolio, far saltare in aria le macchine parcheggiate o abbandonate, possiamo accucciarci per nasconderci dietro qualunque cosa possa offrire riparo. Solitamente, giocando ai più disparati sparatutto in terza persona, abbiamo una visuale spostata a destra rispetto alle spalle del nostro personaggio e ciò può causare disagio magari ai mancini o altri tipi di utenti. Per risolvere a questo problema Ubisoft, attraverso la pressione del tasto L3 (levetta analogica sinistra) ci permette di spostare la telecamera dalla destra alla sinistra, tutto ciò fa guadagnare punti stima al titolo in modo da rendersi versatile il più possibile, per ogni tipo di giocatore. Un’altra chicca di questo titolo è la modalità multiplayer che ci permette non solo di eseguire la campagna con altri quattro giocatori, ma anche di avere le classiche modalità che troviamo nei classici sparatutto, come il Team Deathmatch. Infine tra le modalità fa capolino qualcosa di nuovo, “Guerriglia”, ovvero una modalità sopravvivenza dove oltre al resistere ad ondate di nemici dobbiamo completare vari obiettivi come conquistare una zona oppure disattivare esplosivi.

Un arsenale davvero ampio

Prima di ogni missione abbiamo acceso a un briefing molto dettagliato sulla situazione nella quale la nostra squadra si deve immergere. Successivamente, dopo aver visto in cosa consiste la nostra prossima missione, possiamo scegliere il nostro equipaggiamento, cioè le varie armi a nostra disposizione, tra di esse troviamo fucili d’assalto, mitragliatrici leggere, pistole, fucili a pompa, granate e sistemi futuristici come l’uso di droni semoventi. Novità assoluta è che prima di selezionare l’arma abbiamo anche la possibilità di testarla in un piccolo poligono di tiro, anche se quest’arma ancora non è a nostra disposizione, infatti molte armi vanno sbloccate con il proseguimento del gioco o attraverso il completamento di vari obiettivi indicati al di sotto delle armi bloccate.

Far brillare gli occhi: Ubisoft ci è riuscita

Il titolo si mostra con una grafica degna dei migliori giochi del momento, peccato per alcuni piccoli difetti di texture o la realizzazione dei proiettili, che invece di sembrare reali assomigliano a spighe di grano lanciate verso i nemici, per il resto non si notano problemi evidenti né cali di frame né altro. Il titolo fa brillare letteralmente gli occhi agli amanti della saga e della buona grafica, stupendoli con un’ottima ambientazione e un’interazione quasi totale con il luogo di combattimento, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Un doppiaggio azzeccato

Finalmente, dopo moltissimo tempo, assistiamo ad un titolo con un doppiaggio almeno decente, dove le emozioni fanno vibrare le voci dei personaggi e i nemici imprecano per la rabbia senza alcun pudore. Quanto al resto, quando si gioca in multyplayer, l’utilizzo delle cuffie è praticamente d’obbligo per parlare con la vostra squadra-Ghost e i suoni della battaglia fanno da background in modo realistico facendoci immergere ancora di più dentro questa guerra ultranazionalista.. Il resto del comparto audio è ottimo, facendoci sentire persino i proiettili che cadono alle nostre spalle e le interazioni con le nuove tecnologie, nonché le agonie dei nostri nemici che vengono trivellati dai nostri colpi.

Una Campagna breve ma intensa

Le vicende della nostra squadra ghost ci appassioneranno facendoci sempre più incuriosire rispetto a ciò che sta accadendo in quel mondo futuristico,peccato che non sia molto lunga , ma fortunatamente il titolo prende longevità grazie al multiplayer.


Online ottimamente strutturato

Come già accennato, il gioco ci soprende con un multiplayer discretamente vario, dandoci la possibilità di giocare con quattro amici la modalità campagnia, classiche sfide multiplayer o modalità Guerriglia. Si può giocare in due sulla stessa consolle tramite schermo diviso. Tutto ciò fa apprezzare ancora di più il gioco quando, una volta terminata la campagna, vorrete mettere alla prova le vostre abilità da agente operativo contro altre persone, con veri e propri team specializzati nello stealth. Purtroppo anche qui è presente il Pass per giocare online, per la versione Xbox 360 è possibile acquistarlo per 800 Microsofts Points, in caso non sia presente o già utilizzato nella copia che andrete ad acquistare (nel caso sia usata).

Solita minestra o ventata d’aria fresca?

Ubisoft ha realizzato un ottimo titolo in un periodo dove gli sparatutto strategici non vengono più presi in considerazoine, cercando di renderlo il più completo possibile e adattabile ai diversi tipi di utenza, potendo giocare in maniera sia in maniera stealth che d’assalto. Un titolo con una campagna intensa che farà divertire molti, specie se giocata in cooperativa. Il multiplayer di questo titolo offre una garanzia per i più competitivi, soprattutto se giocato con un team scelto di amici. Piccoli errori grafici lo fanno allontanare dalle vette dell’eccellenza, ma questi errori sono facilmente riparabili con qualche patch che speriamo di vedere presto. Il doppiaggio italiano è da ammirare, un gesto ardito ma che non delude.

GIUDIZI

Pro

Non è il solito Ghost Recon
Graficamente d’impatto
Comparto audio molto coinvolgente

Contro

Piccole incertezze grafiche da poter risolvere
Campagna in singolo breve
Privato del multiplayer perde molto potenziale

GRAFICA: 8

GAMEPLAY: 9

AUDIO: 8 

LONGEVITA’: 7

ORIGINALITA’: 9

VOTO: 8.5/10